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martedì 23 settembre 2008

MITUMBA DI RITORNO


Pensavo di aver detto tutto sull’argomento (vedi Mitumba parte1 e parte2). Ma mi sbagliavo! L’Africa è sempre pronta a stupirti e quando pensi ormai di conoscerla ti spiazza con aspetti nuovi e inconsueti. Come è successo anche durante il viaggio di questo anno in Uganda. A Michele e Lara, miei compagni di viaggio di Milano, l’Egyptair ha smarrito i bagagli. Questi partiti da Malpensa si sono fermati al Cairo e non hanno proseguito per Entebbe come i loro proprietari. Sarebbero arrivati all’aeroporto di Entebbe soltanto parecchi giorni dopo di loro. E così Lara e Michele si sono visti costretti ad affrontare la prima parte del viaggio con i soli vestiti che indossavano al momento della partenza a parte qualche capo di vestiario che era contenuto nel loro bagaglio a mano. Ma da buoni viaggiatori non si sono persi d’animo e non ne hanno fatto un dramma. In particolare Michele appena arrivati nella cittadina di Fort Portal, dopo qualche giorno di campeggio nei parchi naturali, ha comprato in un piccolo negozio locale una maglietta usata. Una maglietta arancione, mi pare, leggermente scucita su una spalla con una macchia sul davanti ma pulita di bucato, che ha pagato un paio di dollari. E Michele (che è tale e quale a Guido Meda solo forse un po’ più giovane) quella maglietta la sfoggiava divertito ed orgoglioso. Ora la maglietta era sicuramente di provenienza europea una classica “mitumba” che qualche ragazzo europeo ha scartato perchè vecchia, la cui madre ha portato in qualche centro di raccolta di abiti usati per i meno abbienti e che dopo un lungo viaggio è finita nel circuito africano della vendita delle magliette usate. Mercato questo destinato normalmente a quegli africani non poverissimi che possono permettersi di pagare qualche migliaio di scellini per una T-shirt.e di cui Michele ha rappresentato una anomalia: un europeo che prima si disfa della maglietta ma che poi in caso di necessità se la ricompra, anche se chiaramente non la stessa ma una simile, a migliaia di chilometri di distanza. Ora non so se Michele quella maglietta l’abbia riportata in Italia oppure no, nel caso la maglietta avrebbe diritto a fregiarsi del titolo di frequent flyer. Ma anche nel caso che la maglietta sia stata abbandonata in qualche posto in Uganda e quindi con ogni probabilità riutilizzata da qualche africano, la storia si presta a qualche riflessione interessante. Innanzitutto le T-shirt sembrano dotate di sette vite come i gatti. Io ad esempio quando ho una maglietta ormai vecchia che versa in pessime condizioni non la butto ma la metto nello zaino dove la conservo pronta per essere utilizzata nel prossimo viaggio estivo. E così la maglietta che altrimenti sarebbe stata destinata alla spazzatura vive d’estate una nuova vita in qualche parte del terzo mondo. Qui una volta utilizzata viene da me abbandonata in un posto dove qualcuno possa facilmente trovarla e volendo riutilizzarla, dopo sicuramente averla però lavata. Mi fa piacere pensare che qualcuno possa  utilizzare qualcosa di mio e mi incuriosisce immaginare la storia che queste magliette possono avere dopo il mio abbandono. Chissà che fine avrà fatto la maglietta azzurra abbandonata su quel prato in Chiapas, o quella grigia lasciata su quella steccionata al lago Natron o quella polo blu lasciata sul ramo di un albero nel parco del Queen Elizabeth. Chissà chi le avrà utilizzate e se ancora le utilizza o se magari hanno cambiato proprietario e località. E poi questo concetto di T-shirt sharing potrebbe rivelarsi utile e interessante. Si potrebbe quasi partire senza bagaglio. Uno quando sporca i vestiti che porta li abbandona da qualche parte e ne compra per pochi soldi di nuovi, usati ma puliti. Anche se forse farebbe meglio a procacciarsi i nuovi vestiti prima di abbandonare quelli vecchi e sporchi.… Pensate zaini leggeri e mezzi vuoti che al ritorno possono essere riempiti con prodotti dell’artigianato locale da riportare in Italia piuttosto che con vestiti vecchi, sporchi e puzzolenti. Per noi europei ricchi sarebbe una comodità, per loro i poveri del mondo sarebbe un’opportunità.

1 commento:

lucaft ha detto...

Per indossare una tua maglietta usata dovrei lasciarla in NaClO al 5% per almeno 36 ore e a quel punto non so cosa ne resterebbe


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto