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martedì 18 maggio 2010

PostaCertificat@


Alla fine mi sono deciso. L’altro giorno ho richiesto l’attivazione di una casella di posta elettronica certificata (PEC) che il governo italiano offre gratuitamente a tutti i suoi amati cittadini. Voglio subito precisare che ho aderito all’iniziativa non perché particolarmente interessato al prodotto in se, ne perché, come sicuramente state malevolmente pensando, non sappia resistere alla lusinga di qualsiasi cosa mi venga fornita a titolo non oneroso. Infatti da più di un anno possiedo una casella di PEC che altrettanto gratuitamente mi fornisce l’ordine professionale a cui appartengo.
Se l’ho fatto è stato solo per timore di finire nel novero di coloro che dovendo dei soldi al fisco o a qualche ente pubblico, magari a causa di qualche cartella esattoriale “pazza” si ritrovano con la casa pignorata senza che gli sia stato notificato alcunché. In realtà credo di dover nulla al fisco o a chicchessia ma la puntata di Report sul modo, a dir poco disinvolto, che Equitalia utilizza nella sua attività di riscossione delle cartelle esattoriali, mi ha messo sul chi vive.
Visto che la pubblica amministrazione utilizzerà la PEC per comunicare con i cittadini, sarà più difficile per Equitalia sostenere di aver notificato ingiunzioni di pagamento che in realtà pare non ha sempre l’interesse di notificare con quello zelo che dovrebbe essere necessario.
E poi avevo letto o sentito da qualche parte che il governo avrebbe pubblicato su internet sull’apposito portale web l’elenco di tutti gli indirizzi di PEC. Vuoi vedere, mi son detto, che riesco a porre fine all’incubo peggiore che ha rovinato tanti dei miei sabati mattina? Quale? Ma chiaramente la presenza nella casetta delle lettere di casa del maledetto avviso di giacenza di una raccomandata con avviso di ricevimento! Che altro?
Ho la sfortuna di non essere mai a casa, visto che lavoro, durante l’orario di consegna della posta. A questa sfortuna si somma la sfortuna ulteriore che il palazzo dove vivo non è fornito di portiere. Così ogni qualvolta mi viene recapitata una raccomandata con ricevuta di ritorno sono costretto ad andare a ritirarla all’ufficio postale. Chiaramente di sabato mattina perché gli altri giorni ho il vizio di lavorare, mettendomi in coda ai tanti che come me si trovano nelle mie stesse sfortunate condizioni. Che poi perché uno deve mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno e non una raccomandata normale? Bo! Non ho ancora trovato nessuno che ha saputo darmi una spiegazione soddisfacente. La ricevuta di ritorno prova che mi hai spedito una lettera ma non prova niente circa il suo contenuto. Posso sempre dire che la busta era vuota. O no?
Comunque in ogni caso il ricorso sempre più intollerabilmente frequente a tale prodotto postale appare quasi sempre ingiustificato.
E così con il cuore ricolmo dalla speranza di non essere pirateggiato da Equitalia e di vedere recapitate tutte le raccomandate con avviso di ricevimento comodamente sullo schermo del mio PC senza doverle andare a ritirare, dopo file inenarrabili, alla posta; mi sono collegato al sito www.postacertificata.gov.it e ho fatto la mia richiesta di attivazione della PEC.
Sul sito e sulle modalità del suo utilizzo: nulla da eccepire: chiaro, facile, veloce. Ho compiuto l’operazione di iscrizione on line in pochi minuti. Poi però leggo che per perfezionare l’attivazione della PEC devo recarmi presso un ufficio postale munito di un documento di identificazione valido e del codice fiscale. Ma perché? Perché non posso scannerizzare questi documenti e mandarglieli via e-mail o magari via fax come ho fatto per attivare la PEC dell’ordine degli ingegneri? Poi mi faccio coraggio, mi dico che tanto è una delle ultime volte che accade, e vado alla posta.
Faccio la mia brava fila, parlo con il giovane impiegato -stranamente sembra anche simpatico-, gli do la mia carta d’identità e il mio tesserino sanitario contenente il codice fiscale. Lui da parte sua coscienziosamente ne fa delle fotocopie e poi controlla che i dati corrispondano esattamente a quelli che io avevo precedentemente inserito nel sito. “Tutto a posto” mi dice, “ma adesso viene la parte piu lunga”. Al mio sguardo interrogativo mi dice che adesso deve stampare il contratto. In duplice copia! Ci vorranno almeno venti minuti!
Lancia la stampa e se ne va. E io capisco subito che non stava affatto scherzando. Sì perché la stampante è un enorme vecchia stampante ad aghi che vibrando e sferruzzando sonoramente riesce a produrre solo poche righe per minuto. L’impiegato torna che la prima pagina non è ancora terminata. “Ma Brunetta non poteva fornirvi di una stampante decente?” gli chiedo sorridendo. “Brunetta sta dentro la stampante!” mi risponde serio e se ne rivà.
Effettivamente le dimensioni mastodontiche e il modo in cui la stampante vibra facendo muovere anche il tavolo su cui è poggiata possono far legittimamente pensare che Brunetta vi sia contenuto veramente e che vi si muova, come suo solito, in maniera inconsulta.
Quando ritorna la seconda copia è appena uscita dalla macchina e giace per terra. Firmo una copia del contratto -che meno male che era di una sola pagina- e mi consegna soddisfatto la seconda copia. Il tutto è durato almeno venti minuti, non sto purtroppo scherzando.
Nell’andarmene, curioso come una scimmia di sapere cosa ci potesse essere scritto di così importante nel fantomatico contratto, do una scorsa veloce alla pagina.
“C’è un problema” gli dico “io non sono Ce/op Ef !Cfofefuj e non sono nato a Spnb”.
Si perché nella mia copia del contratto il form è scritto correttamente ma nei campi che dovrebbero contenere i miei dati personali sono inserite sequenze di caratteri casuali. Glielo faccio notare. Lui sbianca all’idea di dover ristampare quelle due pagine. Poi però legge la sua copia e tira un sospiro di sollievo. La sua copia è corretta! Me ne farà una fotocopia.
Ma perché non l’ha fatta subito la fotocopia, invece di stampare la seconda copia? Avremmo risparmiato dieci minuti buoni! Bo!
Finalmente ho la mia copia corretta del contratto, con tanto di timbri postali tondi –che sulla mia copia non c’erano-. Siamo nel 2010 ma non c’è niente da fare: in Italia solo i timbri tondi danno il crisma dell’ufficialità. Penso al fatto che dalla sinergia di Poste Italiane S.p.A., Telecom Italia S.p.A. e Postecom S.p.A mi sarei potuto un software di stampa migliore e me ne torno in ufficio.
Qui mi collego al sito e contro ogni mia previsione la mia nuova PEC è attiva. Provo a mandarmi una mail dalla mia vecchia PEC dell’ordine ma niente. Allora provo a fare il contrario ma niente lo stesso. Esprimo il mio disappunto a Luca che mi dice che la posta certificata del governo è una posta certificata finta, che si possono inviare e ricevere mail solo con la pubblica amministrazione.
Maledizione! Ma allora continuerò a ricevere avvisi di giacenza di raccomandate inutili che rompicoglioni non statali mi mandano più volte al mese?
FANCULO LA POSTA CERTIFICATA!

lunedì 10 maggio 2010

DE NUCULARITATE


Oggi come si può evincere dal titolo del post, voglio trattare di un argomento serio su cui esprimere delle osservazioni personali. Queste ultime molto meno serie.
L’argomento del giorno è il ritorno dell’Italia o per meglio dire del governo italiano - che non sono proprio la stessa cosa, al nucleare per la produzione dell’energia elettrica.
Come premesso le osservazioni che seguono sono del tutto personali ma sono per quanto possibile ragionate. Si perché nell’affrontare un argomento così delicato non si dovrebbe mai perdere di vista la ragione come guida da seguire nell’affrontare argomenti che si prestano per la loro complessità a strumentalizzazioni ideologiche e a controversie di vario tipo.
Ma siamo in Italia e tutto ciò che ha a che fare con la politica è diventato oggetto di tifo fazioso da stadio, per cui da una parte ci sono i sostenitori dei partiti al governo che sono per il nucleare ad ogni costo: quelli che con una barretta di uranio ci alimenterebbero anche lo scaldabagno di casa. Magari di casa del vicino perché non si sa mai…
Dall’altra parte ci sono i detrattori del governo che sono contrari al nucleare a prescindere, quelli a cui, per capirci, appartengono quegli amministratori locali che scrivono “comune denuclearizzato” nella targa di benvenuto al loro paese salvo poi servirsi del reparto di medicina nucleare dell’ospedale del paese vicino in caso malaugurato di bisogno.
Premetto innanzitutto che ritengo che le centrali nucleari di terza e quarta generazione (quelle che si dovrebbero costruire in Italia sono quelle di terza visto che la tecnologia di quarta generazione è ancora in studio e non ancora disponibile dal punto di vista operativo) siano sufficientemente sicure. E dico ‘sufficientemente’ perché nel campo della tecnologia, per quanto sofisticata come in questo caso, la sicurezza assoluta non esiste. Quindi sulla sicurezza delle centrali non nutro perplessità particolari a patto che siano progettate e costruite con serietà, non con il cemento depotenziato dell’autostrada Messina-Palermo, tanto per capirci. E a patto che con altrettanto serietà vengano gestite.
Ma sul versante dei controlli ho sentito già cose che non mi sono piaciute per niente..
Infatti le nuove centrali una volta costruite prima di essere messe in esercizio subiscono una procedura di licensing attraverso la quale un organismo di verifica, controlla che le nuove centrali dispongano di tutte le misure di sicurezza necessarie e che siano state costruite rispettando il progetto e tutte le norme tecniche applicabili. Solo se tutti questi controlli danno esito positivo e solo allora, la nuova centrale otterrà la licenza per poter entrare in esercizio. Ora non bisogna essere scienziati per capire che chi opera questa fase di licensing debba essere un organo terzo che non abbia preso parte al processo di progettazione e costruzione e che non abbia interesse alcuno a che la centrale entri in esercizio oppure no, nel caso risultasse non rispondente a tutti i stringenti criteri di sicurezza. Il governo italiano sembra orientato invece a nominare esso stesso le società di licensing e a fissare in massimo un anno il tempo per completare la procedura autorizzativa stessa. E ci risiamo: il controllato che si controlla da solo! E poi in tutto il mondo la fase di licensing dura svariati anni. Chi siamo noi per poter fissare un termine ultimo così breve? In questo campo la fretta è un lusso che non ci si può proprio concedere. I rischi sono altissimi e insostenibili.
La possibilità che il governo del ‘fare’ diventi il governo del ‘far male’ va scongiurato con ogni mezzo. A parte questo, ripeto: credo che le nuove centrali siano sicure.
E’ su tutto il resto che nutro più di una perplessità…
La prima è di ordine metodologico: l’Italia ha deciso di rinunciare all’utilizzo del nucleare con un referendum popolare. Non vedo perché non si dovrebbe rifare un nuovo referendum per ritornare su questa decisione. L’attuale governo ha si la maggioranza relativa degli elettori votanti ma non rappresenta certo la maggioranza assoluta degli italiani!
La seconda perplessità è di tipo economico. La scelta del nucleare è giustificata con esigenze di ordine strategico di diversificazione delle fonti energetiche e soprattutto con la prospettiva di vedere ridotto il costo dell’energia elettrica. Ma siamo così sicuri che l’energia prodotta dalle nuove centrali nucleari sia così economica? Su questo argomento, sull’economicità cioè delle centrali nucleari, ho letto e sentito di tutto e il contrario di tutto. Si tratta alla fin fine di banali conti economici che ognuno di noi dovrebbe poter capire senza troppe difficoltà se spiegati con sufficiente chiarezza. Il problema è che sul bilancio pesano come macigni alcuni parametri che sono ammantati da un alone di aleatorietà e che i sostenitori e i detrattori del nucleare addomesticano a favore dei loro convincimenti. Ora su alcuni di essi non ci dovrebbero essere incertezze: il costo di una centrale e il tempo necessario alla sua realizzazione dovrebbero essere dati certi e non misteri esoterici. Il problema è che anche su questi dati non c’è assoluta chiarezza senza dimenticarci che siamo in Italia, il paese dove la differenza tra un costo preventivato ed un costo a consuntivo e spesso volentieri è superiore al 100%!
L’idea che mi sono fatto è che la scelta del nucleare è al limite dell’economicità. Sulla convenienza o meno peseranno soprattutto il costo futuro dei combustibili fossili tra cui anche quello dell’uranio su cui è possibili fare previsioni solo approssimative.
A proposito dell’uranio quello che è certo, ma sono cose che il governo si guarda bene dal dire, è che la produzione odierna di uranio minerale è al di sotto delle attuale richiesta mondiale. In altri termini l’uranio estratto dalle miniere di uranio copre solo una parte dell’effettivo fabbisogno totale. La differenza tra uranio estratto e uranio effettivamente utilizzato dalle centrali che a seconda delle fonti varia dal 12 al 30%, viene coperta dall’uranio proveniente dallo smantellamento degli arsenali atomici di Russia e USA e dagli stock strategici. Ora non bisogna essere delle aquile per capire che la quota parte dell’uranio proveniente dal disarmo e dalle scorte strategiche delle superpotenze è destinato ad esaurirsi rapidamente. Si può immaginare un aumento della capacità estrattiva che però a meno di scoperte di nuovi importanti giacimenti, a mala pena potrà soddisfare la richiesta delle attuali centrali ma difficilmente di nuove. Insomma lo scenario dell’approvvigionamento dell’uranio è tale per cui la domanda supera e supererà sempre più l’offerta con conseguenze dirette sull’aumento del prezzo dello stesso. Tra l’altro già adesso il prezzo dell’uranio è in fase di crescita e tutti gli analisti economici sono pronti a scommettere su aumenti sensibili nei prossimi decenni.
Ecco: nell’analisi costi-benefici che valore del prezzo dell’uranio viene o verrà utilizzato? Quello di dieci anni fa in cui il costo era basso e stabile o quello che avrà presumibilmente tra qualche decennio quando le nuove centrali italiani saranno pronte ad entrare in esercizio?
Se la scelta del nucleare viene giustificata dalla necessità di non dover dipendere quasi totalmente da gas russo, perché dovrebbe essere più bello dover dipendere dall’uranio russo, visto che la Russia è tra i principali produttori anche di uranio?
La terza perplessità rappresenta il motivo principale per cui ad oggi sono contrario alla scelta nucleare: il problema delle scorie. In un eventuale referendum sul tema se si dimostrasse ragionevolmente la convenienza economica delle centrali nucleari, voterei a favore ma a patto che si trovi una soluzione vera al problema delle scorie radioattive. La realtà odierna è che il problema delle scorie è lungi dall’essere risolto. Il problema ad oggi nei paesi che possiedono centrali nucleari è risolto grosso modo nella stessa maniera: si fa un buco nel terreno, meglio se in una montagna e meglio se il buco e molto profondo. Poi si prendono le scorie si mettono in bidoni sigillati e magari affogati nel cemento e poi si butta il tutto nel buco e ci si augura che Dio ce la mandi buona…
Questo metodo può andare bene per il breve periodo, ha dimostrato preoccupanti lacune sul medio periodo (mi viene in mente il problema di contaminazione delle falde acquifere avvenuto in Germania in un sito di stoccaggio di bidoni contenenti scorie ricavato in una miniera di salgemma esaurita ed abbandonata. E sul lungo o lunghissimo periodo? Nessuno lo sa o può fare previsioni attendibili.
Questo perché le scorie hanno il difetto non trascurabile, di rimanere radioattive per molti secoli. E nessuno sa, perché non c’è un’esperienza pregressa a tal proposito, come si comporteranno i materiali usati per contenere e schermare le radiazioni a seguito di cento, duecento o trecento anni di radiazioni. Manterranno le loro capacità contenitive o si degraderanno inesorabilmente con conseguenze catastrofiche per l’ambiente? E soprattutto i siti scelti oggi per lo stoccaggio delle scorie perché a basso rischio sismico o di dissesto idrogeologico lo saranno anche tra cento o duecento anni?
Nell’ottica che l’ambiente in cui viviamo l’abbiamo solo preso in prestito dalle generazioni che ci succederanno non mi sento in diritto di lasciargli una eredità così rischiosa sulle spalle.
A proposito di quest’ultimo argomento, ho sentito qualche mese fa in una trasmissione giornalistica un qualche sottosegretario di un qualche ministero dire che secondo previsioni ‘autorevoli’ la tecnologia farà nei prossimi quaranta anni progressi tali da trovare una soluzione definitiva al problema delle scorie radioattive. Ecco allora propongo di rimandare la costruzione delle centrali a tra quarant’anni quando il problema delle scorie sarà finalmente risolto. Se si accettano ragionamenti simili si dovrebbe avere anche il coraggio di dirsi contrari, per esempio, alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina perché tanto tra trenta anni sarà inutile visto che presumibilmente entro tale data ci sarà il teletrasporto. (Me l’ha detto il comandante James Tiberius Kirk!)
Ma queste sono solo opinioni mie personali. Credo che la decisione, visto la delicatezza dell’argomento e delle possibili conseguenze sulla vita di tutti noi, dovrebbe essere presa a maggioranza. Non credo che la decisione debba ricadere solo sull’attuale classe dirigente composta prevalentemente da ultrasettantenni formatisi negli anni cinquanta quando il nucleare veniva visto come l’unica scelta possibile, priva di grosse controindicazioni alla crisi energetica. Classe dirigente, quella attuale che tra trenta anni quando dovrebbero entrare in funzione le prime nuove centrali italiane sarà si spera bella e sepolta. Ed effettivamente, a dire il vero ed a pensare male, trovo sospetta l’adesione incondizionata di certa classe politica, il cui orizzonte temporale normalmente non va mai oltre il proprio mandato elettorale, alla costruzione di impianti di cui non godranno direttamente dei benefici. E soprattutto trovo sospetta la fretta che dimostrano nell’intraprendere questa strada senza ponderare preventivamente, come sarebbe giusto invece fare, i pro e i contro. Forse perché la gestione degli appalti per la progettazione, la costruzione e il controllo delle nuove centrali; i suoi frutti illeciti li può dare immediatamente? Mmm..
Comunque affinché i cittadini italiani possano decidere come è giusto che facciano attraverso un referendum, sull’argomento devono poter essere informati in maniera chiara ed obiettiva. Devono poter cioè sentire le argomentazioni di tutti gli esperti del settore: tecnici, fisici, economisti, medici, geologi, biologi, ecc. quelli a favore e quelli contrari ognuno con uguale diritto di spiegare le sue motivazioni e le sue opinioni purché ogni affermazione venga suffragata da dati obiettivi e documentabili.
Ho come però l’impressione che non è proprio questo quello che aveva in mente Berlusconi quando ha detto che l’opinione pubblica italiana andava preparata e formata. Temo che dovremmo sorbirci altri spot con topo Gigio che in camice bianco ci illustrerà la bontà della scelta nucleare. O peggio ancora: innumerevoli puntate di “porta a porta” in cui un parziale Bruno Vespa di fronte al plastico di una centrale nucleare intervisterà: la Parietti, Crepet e l’immancabile criminologo Bruno su perché le centrali nucleari sono la scelta migliore.
Se questa sarà l’”informazione” che ci verrà propinata nei prossimi mesi sull’argomento, invito tutti sin da ora a riguardarsi alternativamente le puntate dei Simpson riguardanti la centrale “nuculare” – come la chiama Homer – di Springfield. Saranno sicuramente più formative. D’OH!


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto