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martedì 24 novembre 2009

Soul Cake


E’ domenica, è notte, è già tardi. Sono nel letto sotto il piumone, le due sono passate da un pezzo ma non riesco a prendere sonno. Come sempre più spesso mi accade quando la domenica sera guardo “Report” su Rai Tre.

Dovrei fare come Luca e smettere di vedere la trasmissione della Gabanelli, una volta per tutte e non incazzarmi più di fronte alle porcherie che ogni settimana gli autori dei servizi portano alla luce. Ma ho commesso l’errore di guardare “Report” anche stasera e ora di fronte al senso di impotenza al cospetto della tracotanza senza ritegno dei potenti, per dirla alla Camilleri, “mi monta la raggia”: e mi giro e rigiro nel letto senza riuscire a prendere sonno.

Ci vorrebbe qualcosa per rilassarmi… Ehi ma la risposta sta proprio di là sopra il ripiano di vetro che corona il muretto basso che divide la cucina a giorno dal salone. E’ infatti proprio lì , nel contenitore di alluminio, che si trova il resto della torta caprese che Paola ha portato stasera alla cena a casa dei miei genitori…

Paola è la compagna di mio fratello, grazie a Dio non si sono sposati evitandomi così: la cerimonia, il pranzo, la messa, le foto anche se convivono già da molti anni. Ora dovete sapere che Paola è una grande appassionata di cucina tanto da tenere su internet un blog dedicato alla sua passione (diario di cucina). Così quando sabato mattina mia madre mi ha chiamato per invitarmi a cena dicendomi che ci sarebbero stati anche Sandro (mio fratello) e Paola, non ho esitato un attimo: ho subito chiamato mio fratello dicendogli di diffidare Paola dal presentarsi alla cena senza un dolce fatto con le sue manine sante. Paola sa che sono ghiotto dei suoi dolcetti di cioccolato dal cuore liquido, …cioccolatosi … tenerosi… mmmmhh… (scusate ma l’Homer Simpson che è dentro di me ha avuto il sopravvento) ed erano proprio questi dolci che mi apettavo portasse. Ma Paola ha voluto strafare e ha portato la sua mitica torta caprese.

E ora i resti di questa torta, se avrete voglia di leggerne la ricetta sul blog di Paola (ricetta) vi renderete conto che cinque persone normali non ce la possono fare a terminare quel sublime ammasso di burro, cioccolato, mandorle, zucchero e cacao; sono di là tra la cucina ed il soggiorno, a pochi passi da me. Ho letto da qualche parte che il cioccolato contiene un composto interessante, l’anandammide che si lega allo stesso recettore cerebrale utilizzato dal composto fenolico tetraidrocannabinolo (THC), l’ingrediente attivo della marijuana. Ed è proprio di un succedaneo della marijuana quello di cui ho bisogno per rilassarmi e riuscire così a prendere sonno. E così mi alzo e mi servo, nel buio della cucina, un’abbondante fetta di torta caprese.

Ragazzi l’esperienza è stata al limite del misticismo. Ogni morso un susseguirsi di suggestioni che più appaganti non si può! Il rompersi della crosta burrosa ricoperta di zucchero a velo sotto la pressione degli incisivi. L’affondare rapido nel cuore più tenero di nero cioccolato che si frena appena sullo strato di mandorle tritate che la gravità ha addensato sulla base della torta. Semplicemente magnifico! E così dopo dieci minuti, col recettore cerebrale appagato e stordito me ne torno a letto.

E mi stavo per addormentare beato come un bambino quando altri foschi pensieri hanno rannuvolato di nuovo la mia mente. Ma lo sapevo quanto colesterolo e quanti zuccheri avevo ingurgitato? E poi mio padre ha problemi di diabete e magari c’è una familiarità in questa patologia… Avevo bisogno di rilassarmi di nuovo! Magari un’altra fettina di torta…. Magari sottilissima…

Ma alla fine la mia tempra morale superiore ha avuto il sopravvento e mi sono imposto di trattenermi e di proibirmi categoricamente la seconda fetta di torta (e vabbè la terza considerando anche quella con cui avevo fatto colazione, quella fatta fuori dopo pranzo non conta: era praticamente un’ostia). Anzi preso da un’enfasi salutista decido di portare quel che resta della torta l’indomani mattina in ufficio e dividerla con Stefania e Luca che lavorano con me.

Non ci crederete ma è proprio quello che ho fatto, a malincuore ma l’ho fatto. E ora mi ritrovo ad osservare, facendo buon viso a cattiva sorte, Luca e Stefania che divorano il mio tessoro.. povero il mio tessoro… Maledetti!


PS Lo so, lo so. La prossima volta vi finisco di raccontare del Mozambico.

lunedì 9 novembre 2009

La Fine della Terra


Vi starete giustamente aspettando di sapere come è finita la giornata di trasferimento da Mueda a Quissanga, in Mozambico. Vi chiedo di pazientare ancora qualche giorno: sto aspettando l’autorizzazione ad utilizzare una foto che ritengo emblematica dell’epilogo di quella giornata. Autorizzazione che non dovrebbe tardare ad arrivare, vero Sara? Nel frattempo voglio porre alla vostra attenzione una conversazione che è occorsa tra me e Alice giusto ieri (l’altro ieri per voi che leggete).

Alice è una bambina di sei anni o giù di lì: frequenta la prima elementare ed è figlia di una coppia di miei carissimi amici. I più attenti lettori di questo blog forse la ricordano per un disegno di cui mi ha fatto dono qualche tempo fa e di cui ho parlato in un precedente post ( vedi IMAGINE). L’altro giorno stavo facendo una passeggiata lungo il sentiero che si inerpica lungo le pendici del monte Soratte, non troppo distante da Roma, insieme a degli amici con cui avevo pranzato assieme e ai loro figli. Sulla via del ritorno io e Alice precedevamo il resto del gruppo lungo il sentiero immerso nel bosco. Camminavamo in silenzio e quando il bosco si è diradato ci siamo fermati sul ciglio del sentiero ad osservare la vallata sottostante e più distanti i monti che si stagliavano all’orizzonte. Ed è stato a questo punto che Alice mi ha formulato una domanda secca e precisa: “Quando è la fine della Terra?”.

La domanda è giunta del tutto inaspettata ma non per questo mi sono fatto trovare impreparato. Datosi che stavamo contemplando un panorama che si allargava fino alla linea dell’orizzonte non avuto dubbi sul senso della domanda: ho pensato che con “la fine della Terra” , Alice che è una seienne, intendesse il limite del mondo. Ho cioè pensato che la bimba avesse una concezione prepitagorica o , se preferite, medievale della Terra: una Terra piatta che il fiume Oceano delimita dall'abisso. Pensavo cioè che ingenuamente si chiedesse se la Terra finisse oltre quei monti che cingevano il panorama che stavamo osservando. Al che, con la soddisfazione di dare nozioni così importanti ad una mente che si sta formando, ho cercato di spiegarle nella maniera più semplice possibile che la Terra non finisce, che è come una palla enorme, così grande che sembra piatta, che se uno cammina per tanto, tanto tempo, alla fine fa tutto il giro e si trova allo stesso punto di partenza. E per dare evidenza visiva a quanto andavo affermando mi aiutavo gesticolando con le mani: una a simulare una sfera l’altra ad indicare un immaginario percorso equatoriale. Contento di essere riuscito a dare una spiegazione sufficientemente semplice e chiara ho guardato Alice per capire se aveva effettivamente capito quanto avevo cercato di inculcarle sulla sfericità del nostro pianeta.

La perplessità della sua espressione seria non mi ha fatto presagire niente di buono. “Ma no” mi ha detto, “volevo sapere quando è che il mondo non ci sarà più!”. Che stupido! Devo dire che non avevo proprio pensato all’accezione escatologica delle sue parole. Ma si, sicuramente Alice sapeva già che la Terra è sferica, magari anche che non lo è perfettamente e che è un geoide (Cristiana, la mamma, è sempre prodiga di informazioni e di stimoli culturali verso i figli), dovevo immaginarmelo. Quello che Alice voleva sapere era quando la Terra smetterà di esistere così come la conosciamo, quando cioè si estinguerà il genere umano.

A questo punto una ridda di domande mi sono balenate in mente. Perché una bambina di sei anni, serena e felice, si pone domande del genere? Anche io, alla sua età, mi ponevo domande così profonde? Le dovevo però prima di tutto una risposta. Ho tentato allora di imbastirle una risposta plausibile. Cercando di evitarle versioni catastrofiste sulla fine del mondo: impatti con meteoriti vaganti nello spazio, Armageddon, il giudizio universale... che avrebbero potuto turbarla, ho cercato di trovare una spiegazione che spostasse più in là possibile nel tempo, la fine del nostro pianeta e della nostra specie. Ho optato allora per la versione che prevede che la fine del nostro mondo avverrà quando il sole avrà esaurito il suo combustibile, cioè l’idrogeno, e si spegnerà per sempre in maniera quasi indolore. “Ma questo avverrà tra tantissimi anni, Alice, quando noi non ci saremo più!” ho cercato di rassicurala. Al che lei mi ha guardato serissima e mi ha detto: “Quando non ci sarò più io e i miei fijoli?”. I suoi fijoli sono il massimo dell’astrazione temporale proiettata nel futuro a cui la sua tenera età può condurla: “Si Alice stai tranquilla avverrà tra tanto, tanto tempo: non abbiamo di che preoccuparci”.

E’ la seconda volta che sento pronunciarle quel termine “fijoli”: figlioli detto come lo ho sentito dire tante volte a mia nonna che è Umbra (d’altronde anche Alice passa tutti gli anni, una parte dell’estate in Umbria). La prima volta fu in una domanda che mi colpì a bruciapelo, inaspettata come un fulmine a ciel sereno, qualche anno fa: “Ma perché tu non hai dei fijoli?” Domanda più che lecita: Alice mi vede come una persona anziana e tutte le persone anziane con cui ha a che fare, hanno figli. E’ una domanda che spesso mi sono sentito rivolgere in Africa, con lo stesso stupore infantile, dove spesso gli uomini alla mia età hanno già dei nipoti.

Pensavo a quei fijoli che non avevo e alla risposta alla domanda di Alice a cui non sapevo o non volevo dare una risposta. Intanto Alice distratta da qualche cosa era corsa via pensando ormai a tutt’altro lasciandomi solo con i miei pensieri irrisolti…

Beata l’infanzia!



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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto