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martedì 22 settembre 2009

MOZAMBICO 2009 - parte 3


08/08/2009 In volo


Sto volando da qualche parte imprecisata tra Sud Africa, Botswana e Mozambico. Dall’oblò dell’aereo che ci sta portando da Johannesburg a Pemba (a nord del Mozambico) scorrono fitte fitte nuvole in viaggio verso chissà dove. C’è il sole, e pigro e limaccioso scorre sotto di noi un fiume.

( e anche Wilbur Smith è sistemato…..)

Stiamo andando, spero, verso il caldo. Ho appena trascorso l’ennesima notte di freddo in Africa.

Nell’immaginario collettivo, l’Africa è il paese del solleone e del caldo, per l’appunto, “africano”. Ma in ogni viaggio che ho fatto in questo continente mi è sempre toccato sentire un freddo cane: la notte sul bordo del cratere di Ngoro Ngoro ad oltre 2000 metri di quota, la notte nella tenda berbera nel deserto del Sahara in Marocco, la notte rigida e pungente alle Sipi Falls in Uganda e ora, buon ultima, la notte di bivacco all’aeroporto di Johannesburg con temperature da rifugio alpino.

Ma ormai stiamo per atterrare a Pemba e tutto questo è ormai alle spalle.

Il tempo di un atterraggio un po’ troppo disinvolto, almeno per Fabio che sta aggrappato ai braccioli del suo posto neanche fosse un free climber aggrappato ad uno sdrucciolevole appiglio di roccia; e siamo a Pemba.

Pemba: Mozambico. Un nuovo paese tutto da scoprire e che sono sicuro ci stupirà e ci meraviglierà come sempre accade in Africa dove niente è scontato ed ogni cosa è possibile con una buona dose di immaginazione e di inventiva.

L’aeroporto è minuscolo ma dignitoso. Le pratiche doganali sono sufficientemente veloci per essere in Africa. Uscendo ci aspetta un clima piacevole forse solo un po’ troppo umido. Il tempo di sgranchirci le gambe e ci rendiamo conto che ora inizia il nostro viaggio. Siamo in Africa e da qui in poi ce la dovremo cavare da soli. Siamo in otto, carichi di zaini e senza un mezzo di trasporto e senza sapere bene dove andare. Tutti quanti quelli che stavano in aereo con noi, quasi tutti turisti bianchi, piano piano sono stati prelevati a gruppi dalle navette dei vari alberghi e resort dei dintorni. E cosi alla fine nello spiazzo antistante l’aeroporto rimaniamo solo noi. In verità anche a noi ci dovrebbe venire a prenderci qualcuno: una suorina a cui dovremmo consegnare un pacco che ci ha affidato in Italia un amico di Elvis. E dico dovremmo, perché in realtà a Johannesburg il pacco non è mai arrivato, così come anche gli zaini di Greta e Fabio. Ma della suora, forse presaga della mancanza del suo pacco, neanche l’ombra. E adesso?

Per intanto mi becco la prima puntura di zanzara. Speriamo non sia anofele…..

venerdì 18 settembre 2009

MOZAMBICO 2009 - parte 2


08/08/2009 Johannesburg

Dintorni di Johannesburg. Dall’aereo vedo scorrere sotto di me la savana che si incontra prima di arrivare in Sud Africa, provenendo come nel mio caso dal nord. Credo si tratti della savana del Botswana o forse dello Zimbabwe.

Paolino sei là sotto? In tenda tra i leoni del Kalahari?

Questo assaggio di Africa vera alle luci dell’alba dall’alto dura poco. Neanche due ore e atterriamo a Johannesburg. L’aeroporto è enorme, moderno, pulito, funzionale. La cosa meno africana che abbia mai visto in Africa. Sembra di essere in Europa, anche per il clima (qui è inverno e la temperatura esterna non supera i 15°C). D’altronde qui siamo nella patria degli Afrikaans, i discendenti dei boeri che si insediarono qui provenienti dall’Europa secoli fa. E infatti qui sono tutti biondi, chiari di pelle, lentigginosi. Solo i neri che si incontrano all’aeroporto, addetti alla manutenzione, alla sicurezza alle pulizie, ti ricordano che sei comunque in Africa nonostante tutto. Ma qui l’integrazione deve farne ancora molta di strada.

C’è da dire che i bagni sono pulitissimi e quella che ho fatto stamattina presto, appena atterrato, è stata la cacata più a sud del mondo che abbia mai fatto fino ad ora. Ma non dispero di fare di meglio. E’ infatti nelle mie intenzioni di visitare, prima o poi, la Patagonia con le sue latitudini estreme.

E comunque del viaggio è bello il viaggiare e non la meta.


Questa ultima frase un po’ fuori contesto l’ho scritta perché una mia compagna di viaggio stava sbirciando quello che scrivevo. Ho sentito la necessità di fargli credere di scrivere solo cose profonde ed intelligenti. Così ho voltato pagina e ho scritto quella frase ad effetto. Poi ho chiuso il taccuino e ho cominciato a chiacchierarci sui massimi sistemi.

lunedì 14 settembre 2009

MOZAMBICO Agosto 2009





Questa estate insieme ad un gruppo di temerari amici, ho fatti un giro di tre settimane del Mozambico. E’ stata un’esperienza bella ma faticosa. Ci siamo infatti mossi con i mezzi pubblici del posto e vi posso assicurare che è stato molto peggio di quello che vi potete immaginare. Ma è anche vero che così ho visto la vera Africa. Tout court senza filtri e senza intermediari così come era successo invece nei miei precedenti viaggi nell’Africa nera, dove comunque avevo viaggiato con delle guide o con dei mezzi noleggiati guidati da autisti. Quest’anno invece è stata una full immersion vera e propria nella vita africana di tutti i giorni.

Non aspettatevi un reportage fotografico del viaggio, perché come sa chi mi conosce, parto sempre senza macchina fotografica. Trovo infatti che le fotografie “di viaggio” siano limitative dei ricordi vissuti. Non riescono ad evocare in chi li guarda le sensazioni, gli odori, le emozioni vissute. I ricordi me li tengo per me, nella mia memoria. Solo l’Alzheimer mi potrà fregare…

Quest’anno però a differenza dei viaggi precedenti, prevedendo che il viaggio sarebbe stato ricco di eventi e di peripezie, mi ero armato di un taccuino: di un Moleskine (quello usato da Hemingway e Chatwin per intenderci) dove ho annotato tutto quanto è accaduto durante il viaggio e le relative impressioni riportate. Così niente di quanto accaduto durante il viaggio è andato perso. E poi volete mettere: scrivere sul taccuino all’ombra di un baobab o sulle rive dello Zambesi, come un novello Stanley … E vabbé concedetemi un po’ di vanità!

Quello che riporterò in questo post e in quelli che seguiranno nei prossimi giorni, è la trascrizione fedele di quello che ho scritto durante il viaggio. Ho corretto solo la sintassi e la forma: scrivere dopo otto ore di pullman non è facilissimo e la prosa, a rileggerla a distanza di tempo, è risultata qualche volte sconnessa. I commenti scritti invece dopo il rientro a Roma su quanto scritto in Africa saranno riportati in corsivo così da separare le impressioni provate nell’immediatezza del viaggio da quelle provate ora che il viaggio è stato meditato e debitamente metabolizzato.

Mi sembra di essermi dilungato anche troppo. Ecco a voi il resoconto del viaggio.


Il Cairo – Aeroporto 06/08/2009

“Paolino, dove sei?”. Sono in Africa da neanche un’ora e già il tempo ha riacquistato un’altra dimensione. Sono abituato a vivere in un mondo dove il tempo è una risorsa rara e preziosa. Non basta mai e nel poco tempo libero che uno riesce a ritagliarsi tra i mille impegni quotidiani, si vorrebbero fare mille cose. Si è presi dalla frenesia di non sprecare neanche un solo minuto di tempo prezioso. Per cui anche nel tempo libero si incastrano così tanti impegni, anche piacevoli se presi singolarmente, che non si riesce a portarli a termine tutti. E così più che godere del tempo libero, si è presi da un senso di panico per non riuscire a portare a compimento tutto quanto ci eravamo prefissati di fare.

Beato l’ozio! Beata la possibilità di potersi annoiare perché c’è più tempo a disposizione di quello necessario. Ecco per me l’Africa significa avere più tempo di quello che serve. Ed è per questo che, almeno per me, è la panacea di tutti gli stress.

Certo se ci fosse stato Paolino gli avrei detto queste cose davanti ad una birra gelata qui nell’area transiti dell’aeroporto del Cairo…

Paolino è stato un mio compagno di viaggio l’estate scorsa in Uganda. E’ di Milano, di Carate Brianza per la precisione, e parla o meglio bofonchia con un forte accento nel nord. Non riesco neanche a capire tutto quello che dice. Paolino è cinico addirittura più di me. E l’anno scorso il nostro passatempo preferito era quello di spoetizzare tutto quanto vedevamo durante il viaggio, possibilmente davanti ad una birra. Quest’anno non è voluto venire ha preferito andare con un viaggio organizzato in Zimbabwe. So che mi mancherà. Mi mancherà il nostro cazzeggiare e scherzare su tutto e su tutti.


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto