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giovedì 18 ottobre 2007

POPOBAWA



Scusate l’assenza prolungata dal post. Ma è un periodo che non ho molto tempo libero da dedicare al blog. Vedrò di farmi perdonare con una presenza più assidua, così come mi viene richiesto da più parti da decine e decine di lettori assidui del blog.
Detto questo veniamo all’argomento del presente post: Popo Bawa!
Quest’estate arrivando sulle bianche e tranquille spiagge di Zanzibar pensavo di essermi messo alle spalle la parte più pericolosa del viaggio in Tanzania (lo so, lo so vi sto parlando di nuovo della Tanzania e probabilmente ne avrete piene le scatole ma vi prometto che è l’ultima volta). Finalmente mare e sole e niente più notti in tenda tra iene e leoni della savana! Ma qui mi sbagliavo: iene, leoni ed elefanti erano delle creature innocue a confronto di Popo Bawa di cui però allora ignoravo l’esistenza.
Popo Bawa o Popobawa di cui qui a fianco vedete una ricostruzione è un mostro o demone abitante dell’isola di Zanzibar, anche se originario della limitrofa Pemba, dal corpo di nano con un unico occhio ciclopico, orecchie a punta, talloni appuntiti e con enormi ali da pipistrello (da cui il nome: infatti in Swahili popo significa “pipistrello” e bawa “ala”). La descrizione non viene da qualche ubriaco zanzibarino ma niente popò di meno che dal CSICOP (Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal) che sull’esserino ha aperto un “investigative file”. Ora il CSICOP è un comitato scientifico serio, è un po’ l’equivalente del nostro CICAP o Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale che spesso abbiamo sentito citare da Piero Angela nelle sue trasmissioni. Per questo tutta la storia va presa con la dovuta attenzione.
Va bene, quindi concludendo a Zanzibar esiste questo demone nano ma perché avrei dovuto temerlo? Perché, come spiega ancora il CSICOP e riporta anche Wikipedia, il nano sopra descritto è dotato anche di un enorme pene con il quale sodomizza gli uomini durante il sonno nel loro proprio letto e solo nel proprio letto. In particolare predilige scegliere le sue vittime tra quelli scettici sulla sua esistenza (io ci credo nel Popobawa!) e pare inoltre che il simpatico demone reiteri le sodomizzazioni su quelle vittime che non raccontano la loro esperienza ai vicini.
Quello che vi ho riportato corrisponde a verità: Zanzibar nel 1995 fu preda di un ondata di psicosi collettiva con gli uomini che dormivano insieme per strada per scampare alle grinfie di Popobawa. Anche il Corriere della Sera si occupò del fenomeno il 3 novembre del 1995 (vedi articolo riportato in calce).
Avete capito? Un nano sodomizzatore, si proprio un nano sodomizzatore altro che leoni e leopardi, gira impunito per Zanzibar e nessuno avverte i turisti?!?
Ma la Lonely Planet a che serve allora? E il Ministero degli Esteri non fa niente? Il sito “Viaggiare Sicuri” ha sottaciuto colpevolmente tutta la vicenda. E Giacobbo? Silenzio più assoluto! Quello a Voyager basta che parla dei Templari, ma questi non se ne vanno in giro sodomizzare a destra e a manca. Se andate a Zanzibar non mi dite che non ve l’avevo detto!
A sentirci presto, si è fatto tardi e vado a letto. A letto? Uhm mi sa che dormirò sul pianerottolo…

BIBLIOGRFIA:
Anon. (1996). "Ouch Ouch Ouch! Buggered by Batman", Fortean Times, May 1996.
Carpenter, K.A. (2003). "In Your Wildest Dreams", Strange Horizons, 30 June 2003.
Nickell, J. (1995). "The Skeptic-raping Demon of Zanzibar", Skeptical Briefs, December 1995.
Russell, D. (2001). "The Popobawa - A Zanzibari Incubus", X-Project Paranormal Magazine, 26 July 2001.
Saleh, A. (2001). "Sex-mad 'Ghost' Scares Zanzibaris", BBC News, 19 July 2001.
Jount, L. (2006). "Tanzania: sex attacks blamed on bat demon", All Africa News, February 23, 2007.
Saleh, A. (2007). "Sex attacks blamed on bat demon", BBC News, 21 February 2007



lunedì 8 ottobre 2007

CACCHIELLI VOSTRI!


Chi ha letto “Il senso di Smilla per la neve” di Peter Høeg forse ricorda che in Groenlandia esistono almeno nove modi diversi di dire neve. La cosa denota come per i groenlandesi la neve non sia neve e basta come per noi ma qualcosa di vivo che assume colori, forma e consistenze a seconda delle condizioni termoigrometriche in cui si trova: ognuna delle quali ha diritto ad avere un nome proprio appunto diverso e specifico.
Così anche in napoletano la varietà di termini relativi alla cacca e dintorni è ricca e colorata.
Un mio amico napoletano compagno di viaggio in Africa ci spiegò durante una serata zanzibarese che i “chiacchielli” erano i pidocchi che vivevano sui peli del buco del culo. Chissà quanti termini esistono in napoletano per indicare i pidocchi? Suscitando in noi vivo interesse e ammirazione per una lingua che aveva un nome specifico per un animaletto così insignificante che il buon Piero Angela non ha mai degnato del benché minimo interesse. Certo sono più interessanti i leoni o le balene ma provate ad avere uno di questi piccoli animaletti come abitante del vostro buco più sacro…
Comunque oggi questo mio amico mi avverte che un suo amico, napoletano anch’esso, l’ha colto in fallo! Non si dice infatti chiacchiello ma bensì cacchiello!. E mi manda, denotando una non comune onestà intellettuale, le mail di rettifica che il suo amico gli ha inviato. Mail che a mia volta riporto per intero certo di fare cosa gradita a tutti i cultori della lingua napoletana!


Caro mio discepolo,
si dice "cachiello", non "chiachiello".
Per il resto, è più o meno come dici tu:
- "cachiello" può utilizzarsi sia ad indicare un "figlio di papà", uno con la puzza sotto al naso, sia per indicare una persona modesta e di scarsa serietà, ergo, anche un uomo o ragazzo che corteggia qualsiasi donna che gli capiti a tiro; è in questa sua ultima accezione, in particolare, che il termine "cachiello" diventa sinonimo di "fariniello", persona fatta di una certa pasta, bellimbusto, cascamorto, impiccione;
- il "tarzaniello" è la piccola pallottolina di sterco che rimane "aggrappata" alla peluria del deretano dopo aver defecato, a mo' di Tarzan aggrappato alla liana.
Quanto a quelli che definisci "pidocchi del culo", forse ti confondi con il termine "chiattillo". "Chiattillo", letteralmente, significa piattola (pidocchio del pube, volgarmente noto come piattola per la sua forma schiacciata) ed è per questo che è adoperato altresì ad indicare persona molto attaccata agli schemi ed alle norme di comportamento, ingessata in un modello.


Solo una lingua nobile e figlia di una storia millenaria come il napoletano può avere una cotanta varietà lessicale!

giovedì 4 ottobre 2007

HOMER HA SEMPRE RAGIONE


VUOI VEDERE CHE HOMER AVEVA CAPITO TUTTO?

L’altra sera mentre in macchina me ne tornavo verso casa ascoltando la trasmissione Caterpillar alla radio (chi non la consce si senta in colpa!), sono venuto a conoscenza di quanto segue.
Un ex generale della Guardia di Finanza, credo in pensione, aveva trovato la soluzione ultima al delicato e annoso problema che tanto assilla lo Stato di Israele, Bush e tutti paesi occidentali, Italia compresa: il problema degli attentati kamikaze dell’estremismo islamico. Eh si, il solerte ex servitore dello stato aveva trovato quello che i migliori servizi di intelligence del mondo cercano da anni, in maniera infruttuosa e con enorme profusione di mezzi e di uomini.
Come tutte le soluzioni ai grandi problemi, la soluzione era lì a portata di mano, semplice, economica, di facile applicazione e soprattutto infallibile.
Si tratta di questo: il kamikaze islamico, per capirci quello che imbottito di esplosivo si fa saltare in aria nell’autobus gremito di civili nell’ora di punta, opera il suo gesto nella speranza di guadagnarsi il diritto di accesso al suo paradiso. Ora se in qualche maniera impediamo che la salma dell’attentatore possa raggiungere la sua agognata ultima meta allora sicuramente quest’ultimo perderà interesse a immolarsi per la causa del terrorismo. E come si ottiene questo vi chiederete? Semplice! Si deve rendere l’anima del terrorista impura e quindi indegna di accedere al paradiso. E come si fa a rendere l’anima del kamikaze impura? Semplice! Se ne contamina il cadavere al momento dell’attentato con carne di suino (animale impuro per eccellenza della religione islamica). E qui l’ex generale delle fiamme gialle spiegava che durante un esplosione brandelli di carne di terrorista vengono a contatto con brandelli di carne delle vittime. Ora se le vittime portano addosso capsule contenenti carne di suino, allora il gioco è fatto. La commistione tra salma e animale impuro è assicurata! Genio di un finanziere!
A questo punto mi domando se al posto di utilizzare queste capsule, non si sa bene in che modo, non basterebbe mangiare una salsiccia e indossare una T-shirt con su scritto “Ho mangiato carne di porco” meglio se anche in lingua araba. Al costo di qualche euro si avrebbe una protezione che non potrebbe essere assicurata neanche dal migliore giubbotto antiproiettile in kevlar.
Ma vuoi vedere che Homer Simpson, che nel film che sta sbancando i botteghini dei cinema non si separa mai da un maialino, aveva capito tutto?

Spider pork, spider pork
Il soffitto tu mi sporc…

martedì 2 ottobre 2007

RICETTA PRELIBATA


RISOTTO ALL’ULTIMA SPIAGGIA
Mi si accusa di plagio. E allora oggi vi riporto una ricetta di cucina. Scrivere di cucina non è originale, lo so, ma la ricetta che vi propongo è originalissima avendola inventata io stesso l’altro giorno. Eccola qui: “risotto all’ultima spiaggia”.
No, non centra niente l’isola dei famosi! Il titolo dipende dal fatto che ho deciso di sbrinare il frigorifero e relativo congelatore. So che è una cosa che andrebbe fatta ogni anno, il mio frigorifero ha sei anni e non l’ho ancora mai sbrinato con il risultato che nel congelatore ci sono strati di ghiaccio da far invidia al pack antartico. Prima di sbrinarlo ho deciso di svuotarlo consumando tutto quello che vi è contenuto senza comprare nel frattempo nulla che debba essere conservato in frigo. Lo svuotamento è a buon punto ma il risvolto della medaglia è che per cucinare mi resta ben poco! L’ultima spiaggia della cucina. Appunto!
Ma andiamo con ordine. Per prima cosa gli ingredienti.
INGREDIENTI: riso per risotti (meno male che non si deve conservare in frigo altrimenti non ci sarebbe stato neanche lui), una pinta di Guinness (vivendo in Italia capisco che è difficile reperirla alla spina per cui va bene anche in bottiglia da 33 cl come l’avevo io), foglie di salvia fresche, olio extra vergine di oliva, minipanetti monoporzione di burro (l’ultimo rimasto in frigo), preparato per brodo granulare vegetale tipo Knorr (io almeno avevo quello).

Per prima cosa aprire la bottiglia di Guinness e versarne lentamente una metà in un capiente bicchiere di vetro. Fatto? Bene allora a questo punto uscite in balcone e cogliete qualche foglia di salvia (meglio se le foglie sono piccole). Ritornate quindi in cucina e finite di versare la Guinness. Essere stato due volte in Irlanda sarà servito pure a qualcosa. Prendete una pentola antiaderente e versatevi dell’olio e mettetela sul fuoco. Nell’attesa che l’olio si scaldi date la prima generosa sorsata alla Guinness, ve la siete meritata! Ora che l’olio è caldo lasciate friggere, mi raccomando a fuoco lento, le foglie di salvia. Aggiungete all’olio e salvia anche un po’ di granulare Knorr. E qui ci sta tutta la seconda sorsata! Prima che la salvia si secchi troppo aggiungete il riso e mescolate con un cucchiaio di legno. Quando il riso si sarà imbrunito aggiungete un cucchiaio abbondante di Guinness per ogni porzione prevista. Quando la birra si sarà assorbita cominciate ad aggiungere il brodo che nel frattempo avrete fatto. Non l’avete fatto? Non vi avevo detto di farlo? E vabbè me ne sarò dimenticato, che volete sarà stata la birra. A questo punto il più è fatto. Potete tirare un sospiro di sollievo e una sorsata alla birra. Man mano che il brodo si assorbe ne aggiungere altro fino a cottura completa del riso. Per ogni mestolata di brodo aggiunta: una sorsata di birra! Quando il riso sarà al dente aggiungete una noce di birra (ops volevo dire burro) per ogni porzione e mantecate il tutto. Bene il riso è ultimato e la birra ahimè pure. Quindi aprite un'altra bottiglia di Guinness e godetevi il risotto ben caldo.
Buon appetito.

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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto