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giovedì 20 settembre 2007

MITUMBA


L’altro ieri sera, in seconda serata dopo aver visto Ballarò, stavo seguendo distrattamente la TV. Vespa stava dipanando con solerzia i misteri sull’eredità di Pavaraotti e sull’amore che lo legava alla Mantovani. Ho cercato di appassionarmi alla discussione ma non appartenendo ahimè all’asse ereditario mi sono accorto che di tutta la discussione non me ne importava una beata mazza. Cambio canale, si parla ancora di Grillo. Chissà perché se ne parla solo ora e solo in funzione dei commenti dei politici di turno. Polemiche sterili e che non entrano mai nel concreto dei problemi sollevati dal comico genovese. Vaffanculo. Cambio ancora canale e distrattamente sento su rai 3 pronunciare la parola “mitumba”. Qualcosa si accende! Il termine sembra appartenere alla lingua swhaili. Questa estate sono stato in Tanzania, dove appunto si parla lo swhaili, e in questa lingua che sembra quella propria dei bambini piccoli in età prescolare tutte le parole finiscono per umba, ambo, ungo ecc. Mi concentro sulla trasmissione che è presentata da Fabio Volo e capisco che sta presentando un documentario che si intitola appunto Mitumba. L’autore, intervistato da Volo, spiega che guardando alcune foto scattate dalla moglie in Burundi qualche anno addietro si era accorto che un bambino immortalato in una fotografia indossava una maglietta su cui campeggiava la scritta: Circolo Ippico Olgiata. A parte lo stridore di vedere accostati uno dei paesi più poveri del mondo col centro ippico di una delle zone più esclusive di Roma, incuriosiva l’autore la storia di questa maglietta che presumibilmente dismessa da qualche facoltoso rampollo romano era stata data in beneficenza a qualche associazione umanitaria che l’aveva fatta poi recapitare in Africa a quel bambino ripreso nella foto. A questo punto la trasmissione ha tutto il mio interesse. Come dicevo il mese scorso ero in Africa. Quando vado all’estero, come sanno bene i miei compagni di viaggio, non mi documento mai prima sulla mia meta e non uso guide. Non voglio che le mie sensazioni le impressioni suscitate si di me dai posti e dalle persone del luogo siano in qualche modo influenzate dalle impressioni e dai suggerimenti di altri. Quando però torno a casa divento avido di notizie sul paese visitato. A questo punto mi interessa confrontare le esperienze personali riportate con quelle di altre persone che quegli stessi posti hanno visitato. A questo punto gli appunti di viaggio di altre persone acquistano significato perché solo ora so di cosa stanno parlando. Per questo questa storia della maglietta mi interessa. Anche perché girando per la Tanzania mi aveva stupito la presenza massiccia di T shirt con scritte occidentali, in maggioranza magliette di squadre di calcio comprese quelle delle squadre italiane. Tornando alla trasmissione di Volo l’autore spiega che a quel punto aveva pensato di realizzare un documentario che seguisse la vicissitudini di una maglietta da calcio dismessa da un bambino tedesco e lasciata dalla mamma in un cassonetto per la raccolta degli abiti usati.
A questo punto però s’è fatto tardi e devo andare per cui il resto della storia ve la racconto domani.

TO BE CONTINUED….

4 commenti:

lucaft ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
lucaft ha detto...

Bella storia, ma detesto le storie a puntate...

Alessandro De Benedetti ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Alessandro De Benedetti ha detto...

Anche in Namibia c'era questa storia delle magliette. Il mitico Albertino, un emiliano doc, ha donato la sua a un ragazzino, per una foto. Comunque concordo con lucaft: "to be continued..." mi sa tanto di unpostoalsole. Comunicazione di servizio: paola_sq si è convertita al blog classico e così diariodicucina ha un nuovo link. Lo trovate in purpureoegiallo. Adesso anche lei può ricevere commenti alle ricette, per la gioia di tutti noi blogger.


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto