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giovedì 2 ottobre 2008

PDF - Prodotti Derivati (Finanziari)


Visto che lo scopo che mi sono prefissato ultimamente è quello di aumentare il numero di visitatori di questo blog, passo i ritagli di tempo libero col pensare a cosa fare per riuscire nell’intento. Il compito non è facile ma ci provo. Sono giunto alla conclusione che per attirare l’attenzione di un numero sempre più maggiore di lettori è opportuno occuparsi di argomenti di stretta attualità che possano quindi attirare l’attenzione immediata di un più vasto pubblico: di gettarsi cioè sulla notizia. E che c’è di più attuale della crisi finanziaria planetaria? Premetto che io non sono un analista finanziario quindi quello che sto per dirvi potrebbe contenere delle inesattezze, ma spero mi perdonerete per questo.

In questo periodo tutti sono preoccupati delle possibili conseguenze della grave crisi finanziaria statunitense sui nostri risparmi e sui nostri investimenti. Devo dire che non avendo pressoché risparmi e non avendo soldi investiti.la cosa mi interessa relativamente poco. Ma avendo deciso di interessarmi di attualità, con spirito di servizio e abnegazione, mi sono documentato e qualcosa ho capito, magari è sbagliata ma tant’è. Ecco quello che ho capito.

Innanzitutto perché la crisi del sistema finanziario americano influisce sui risparmiatori italiani? La risposta si chiama anche ma non solo, prodotti finanziari strutturati. In questi giorni  se ne fa un gran parlare e non c’è giornalista o politico di turno che non se ne riempia la bocca. Il problema, e questo è tipico di gran parte del giornalismo nostrano, è che questi signori danno per scontato che tutti sappiano cosa siano i prodotti finanziari strutturati: nessuno che si prende la briga di spiegarlo. Io ci provo.

Allora gli strutturati dovrebbero corrispondere, almeno credo, con i prodotti finanziari derivati, così chiamati perché derivano il loro valore da prodotti sottostanti. Questi “sottostanti”possono essere bene reali (come soia, petrolio, caffè, ecc.) o avere natura finanziaria (valore di azioni, indice di borsa, valore di cambio di una specifica valuta, ecc.). Poi, a seconda che si compri il sottostante o solo il diritto a farlo, i derivati si dividono in “futures” e “options”. Siccome le options non le ho capite cercherò di spiegarvi i futures. In particolare i futures che hanno come sottostanti dei beni reali perché sono più facili da spiegare. I futures non sono nient’altro che un contratto a termine. Facciamo un esempio. Mettiamo che in Arkansas ci sia un produttore di mais che è angustiato dalla instabilità del prezzo del mais che dipende da variabili climatiche e ambientali. Dall’altra parte, sempre in Arkansas, c’è un allevatore di suini che ha necessità di comprare mais da utilizzare come mangime per i maiali ma non vuole sottostare alla variabilità del prezzo di quest’ultimo perché vuole pianificare per tempo le sue esposizioni finanziarie. Allora i due si accordano in anticipo sul costo del raccolto futuro di mais e sulla quantità della compravendita. Cioè, per esempio, il produttore si impegna a consegnare tra sei mesi all’allevatore una tonnellata di mais e l’allevatore a pagare alla consegna del mais diciamo mille dollari. E fino a qui è semplice. Poi perché il mondo del commercio è un mondo di pescecani il contratto stipulato viene depositato in Borsa. Questa, chiedendo le opportune garanzie finanziarie a venditore e compratore, garantirà che il contratto venga onorato da entrambe le parti. In questo modo allevatore e agricoltore si tutelano da future fluttuazioni dei prezzi. Sembrerebbe un meccanismo semplice e virtuoso. Ma perché lasciare che il contratto, benché congelato nel prezzo, riposi tranquillo fino a scadenza nelle giacenze della Borsa?  La Borsa può metterlo sul mercato, intero o spezzettato che sia. Chi crede che il prezzo del mais tra sei mesi supererà il valore pattuito dal nostro agricoltore e dal nostro allevatore dell’Arkansas, potrà impegnarsi a comprare a mille dollari la tonnellata di mais per poi rivenderla al prezzo più alto di mercato, diciamo mille e duecento dollari, guadagnandoci quindi sopra. Chi invece pensa che tra sei mesi il prezzo del mais sarà minore di quello pattuito nel contratto potrà impegnarsi a consegnare la tonnellata di mais, che comprerà sul mercato diciamo a ottocento dollari, all’allevatore che la pagherà comunque mille dollari come si era impegnato a fare, guadagnandoci quindi sopra. Ora appare chiaro che se il prezzo del mais aumenterà nei mesi successivi di duecento dollari rispetto ai mille stabiliti, chi ha comprato una tonnellata di mais a mille dollari ci guadagnerà duecento dollari e chi si è impegnato a fornirla a mille dollari ci perderà duecento dollari e viceversa nel caso di diminuzione del prezzo. La partita contabile si deve infatti chiudere in pareggio e per uno che guadagna c’è uno che perde. Non è nient’altro che una scommessa sul prezzo futuro di un bene. La stessa cosa si può estendere a qualsiasi cosa anche, per esempio, al valore ad un dato momento di una valuta monetaria. Questi sono i futures, in soldoni.Il problema è che il mercato finanziario non ha confini e quindi nel vostro fondo di investimento ci può essere qualche prodotto finanziario derivato che dipende magari proprio dal prezzo che avrà tra sei mesi il mais alla Borsa di Chicago o dal valore che avrà tra un anno il dollaro neozelandese. E se il mercato USA crolla i nostri futures crollano con lui. A parte questo poi il problema più grande è la mancanza di trasparenza. Innanzitutto quanto ci verrà pagato, anzi vi verrà perché io i futures non ce li ho, in funzione dell’esito dei derivati è in genere sempre quanto meno nebuloso. Infatti viene pagata una cedola che ad esempio può essere pari ad una certa percentuale del valore assoluto della media aritmetica delle variazioni percentuali fatte registrare dal fattore di indicizzazione del parametro di riferimento (il prezzo del mais del nostro esempio). Neanche Tremonti riuscirebbe ad essere più contorto! Secondo poi sarebbe bello sapere da cosa fisicamente il nostro (vostro) fondo di investimento dipende. A me piacerebbe sapere ad esempio sapere che le mie fortune dipendono dal valore del mais dell’Arkansas e dal valore del dollaro neozelandese. Potrei, per quanto nelle mie facoltà, adoperarmi per farne crescere i valori. Che andate a fare in vacanza in Australia, che è pieno di animali velenosissimi?! Andate piuttosto in Nuova Zelanda che lì non ce ne sono. Non vorrete mica andare in Tasmania?! Che lì a parte il diavolo non c’è niente altro. Andate in New Zeland e spendete lì i vostri soldi che così il suo dollaro sale. E poi ancora, che mangiate il prosciutto di Parma. Ma mangiate piuttosto l’ottimo Arkansas slow-smoked ham, il famoso prosciutto affumicato dell’Arkansas, fatto con i maiali dell’Arkansas che mangiano tanto mais dell’Arkansas…….

5 commenti:

luther blisset ha detto...

Questo articolo è stato postato alle 13:08. oggi Grillo sul suo Blog si è occupato di serivati e ha postato il suo articolo alle 15:03 cioè con quasi due ore di ritardo. Più dentro la notizia di così!

lucaft ha detto...

Bell'articolo, forse hai sbagliato lavoro?

lmar ha detto...

Fermo restando l'estremo interesse per la disanima sui prodotti derivati finanziari, la domanda non è "chi è bdeb?", perché è ovviamente quello vestito da zorro ma col cappello parlante di Harry Potter... che all'epoca non esisteva. La domanda vera è: "dove si trova il balcone che ospita gli aspiranti Zorri?"
Ai poster l'ardua sentenza!

lucaft ha detto...

Secondo me il balcone non è quello di piazza Venezia... pertanto sarà quello dell'ASVECO

diariodicucina ha detto...

In questo progetto di aumentare le visite giornaliere vedo l'inizio di un'ossessione... :)


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto