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lunedì 12 settembre 2011

O Victoria (falls) O Muerte.


Mattina di sole di un inverno australe. Rapide sul fiume Zambesi, subito a valle delle cascate Vittoria. 810 m sopra il livello del mare e circa 2,5 m sotto il livello dello Zambesi.

Il posto dove mi trovo non è forse il migliore per apprezzare a pieno l'imponente spettacolo dello Zambesi costretto suo malgrado a scorrere entro la stretta gola basaltica che si apre sul fondo del baratro costituito dalle cascate più grandi del mondo. Però poi non è cosi male. Dalla posizione in cui mi trovo vedo in alto il ribollire maestoso della superficie del fiume ma del gommone da cui sono appena caduto facendo rafting non c'è più traccia.

Sarà perché faccio immersioni e per tale ragione sono abituato a stare sott'acqua, ma mi godo questo inatteso momento di pace. Qui, sotto due/tre metri di acqua, tutto è ovattato. Del ribollire impetuoso della superficie, affrontato con un gommoncino con cui io personalmente, non avrei affrontato neanche il mare di Ostia, rimane solo il ricordo. Me ne sto tranquillo come in un'immersione in corrente, senza neanche l'impaccio della muta, delle pinne e della maschera che ti schiaccia il viso. Si perché l'unica cosa che indosso, a parte il costume, è un giubbotto salvagente che una volta doveva essere di un bell'arancio acceso e la pagaia che tengo imbracciata in diagonale davanti al torace come farebbe un soldato col suo fucile durante uno sbarco iniziato un po' troppo presto. D'altronde quello di non mollare mai la pagaia è quanto mi è stato insegnato solo qualche decina di minuti prima, dal capo istruttore di rafting durante il briefing di preparazione. Briefing che per inciso, ho seguito con lo stesso stato d'animo con cui Mr X nel film Fandango, seguiva le lezioni impartitegli dall'improbabile istruttore di paracadutismo della Pecos Parachute School sperduta nel deserto.

Comunque come vi dicevo me no sto tranquillo sotto tre metri di acqua, osservo la superficie burrascosa e respiro con calma aria dal mio erogatore.... Oh cazzo! Ma ora che ci penso, io non ho l'erogatore!

Per tutto questo tempo non ho respirato neanche una volta ma sono rimasto in una forzata apnea!

Ma non disperiamo, rimaniamo calmi. Sicuramente ora il giubbotto salvagente che indosso svolgerà il compito per cui è stato concepito e me ne tornerò tranquillamente a galla.

Comincio ad essere in debito di ossigeno e la necessità di respirare comincia a farsi impellente. Ma continuo a rimanere sott'acqua e di venire a galla non c'è verso. Ma possibile che neanche i salvagente funzionano in questo cazzo di continente? E' questo quello a cui stavo pensando quando la corrente del fiume che fino a quel momento mi aveva tenuto giù si degna di riportarmi in superficie. Ma è solo per un momento! Affannosamente trangugio acqua e aria ma non faccio nemmeno in tempo a pensare a tutti gli ippopotami e ai bufali che in quelle acque ho visto defecare solo qualche decina di chilometro a monte lungo il fiume Chobe che dello Zambesi è un affluente, che subito la corrente mi riporta sotto. E questa volta ho veramente poca aria a disposizione. Comincio a pensare che quella di fare rafting in queste acque non sia stata proprio una bella idea quando come per incanto, la rapida finisce e mi ritrovo a riemergere in un tratto di fiume relativamente più tranquillo. Sto cercando di capire dove sono quando tra il frastuono dell'acqua sento provenire da dietro le spalle un fischio acuto. Mi giro e vedo arrivare il mio gommone, che avevo evidentemente sorpassato in immersione, si perché solo allora mi rendo conto di aver percorso praticamente un'intera rapida sott'acqua. Allungo la pagaia dal lato all'impugnatura (come mi avevano insegnato nel famoso briefing) alla guida che poi provvede a issarmi di nuovo sul malfermo natante. Neanche il tempo di riprendere il fiato mentre la guida ci fa notare un simpatico coccodrillo placidamente adagiato sulle rocce della gola e che a suo dire, è vegetariano; che la rapida successiva ci aspetta. E ne mancano ancora sei o sette. Maledizione!

Comunque, come avrete capito visto che state leggendo quanto sto scrivendo, sono sopravvissuto anche alle rapide successive. E' stata un'esperienza forte ma non la più pericolosa che si bossa fare alle cascate Vittoria. Quale è la più pericolosa vi starete chiedendo. Il bungi jump? Il flying fox? Il canoeing o il jet boating? Niente di tutto questo. L'attività più pericolosa che organizzano alla cascate e che sicuramente farò se mai tornerò da quelle parti è l'African Food and Cooking Tour.

Ci si siede comodamente si assaggiano le pietanze tipiche del posto e se si sopravvive alla degustazione di bruchi alla brace ed altre amenità del genere, si aspetta (magari sorseggiando dell'ottima Amarula) che le lunghe catene di carbonio, idrogeno ed ossigeno dei grassi saturi contenute nei piatti testé sbafati si depositino lungo qualche arteria, magari coronarica, riducendone pericolosamente il lume. Se non altro se proprio si deve morire in Africa, lo si fa a stomaco pieno!

1 commento:

Tacchino ha detto...

Bella storia. Comunque anche Ostia nasconde i suoi pericoli. Quest'anno se non stavi attento potevi beccarti un lettino a 12 euri. Aaqui detto il tacchino.


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto