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martedì 28 dicembre 2010

Babbi di Minchia di Natale #1


Andrea G. Pinketts divide gli uomini in due categorie:i babbi di minchia e gli uominiveri. I babbi di minchia sono quelli che tradiscono, sono quelli che si piegano alle regole che hanno ereditato. Gli uominiveri invece sono quelli che si creano le proprie regole e le rispettano anche quando costa caro o non è conveniente farlo. Sono quelli che lottano, che tengono duro, che hanno ampiamente superato l'idea del classismo e del razzismo in qualsiasi forma. Sono però anche quelli che se ne fottono del politically correct. E quindi se hanno un amico di colore gli possono chiedere scherzando da quanto tempo non si fanno una doccia o ad un amico gay con la conguntivite se ha per caso di recente preso un uccello nell’occhio (l’esempio è forse un po’ colorito ma vi giuro è reale), pronti al fatto che loro gli rispondano nello stesso modo. E comunque lotterebbero contro tutti e ad ogni prezzo per difenderne i diritti. Sono quelli che non pensano che tutte le donne siano puttane, tranne la mamma e la sorella, quelli che non si stupiscono di niente perché hanno un'idea della meraviglia e non dello stupore, quelli che non hanno preclusioni. I babbi di minchia sono gli impiegati della pausa pranzo che ti occupano l'intero bancone del bar, entrano e si dicono l'un l'altro: un caffettino? Ma ragioniere se permette offro io. No guardi non permetto, offro io. Ragioniere offro io. Si sentono grandi nell'offrire tre euro di caffè. Poi magari ti pugnalano alle spalle per 10 euro di aumento o per avere il posto coperto nel parcheggio aziendale. Sono quelli che vivono attraverso la televisione: si commuovono fino alle lacrime nel vedere il panda minacciato di estinzione ma userebbero il lanciafamme nei confronti dei mendicanti al semaforo.

Ora un uomovero può vestirsi da babbo natale per la gioia dei propri figli la notte di natale ma se un babbo di minchia si veste da babbo natale (un babbo natale di minchia per l’appunto) allora possiamo aspettarci solo il peggio….

#1

Era stata una giornata lavorativa come tutte le altre. Come lo erano tutte quelle dell’anno almeno da quando aveva deciso di scendere in campo. E come tutti i giorni anche quel giorno era iniziato prestissimo, riunioni su riunioni con i collaboratori più stretti per tutto il giorno ma poi era tornato un po’ prima del solito a casa per prepararsi per tempo per la cena di Natale.

Era il primo Natale senza la moglie che lo aveva lasciato senza troppi rimpianti. In genere era lei che si occupava di tutto. Ma anche senza di lei voleva che fosse ugualmente tutto perfetto anzi se possibile, anche migliore. Avrebbe avuto come ospiti tutti i suoi figli e tutti i suoi nipoti e quest’anno li avrebbe voluti stupire.

Era da qualche giorno che quell’idea era diventato il suo chiodo fisso. Certo non sarebbe stato facile convincere le sue guardie del corpo a lasciarlo fare ma che diamine alla fine era lui che comandava! E le cose sarebbero andate come aveva deciso.

L’idea era semplice: si sarebbe vestito da babbo natale, sarebbe salito sul tetto della sua villa e illuminato da fari potenti sarebbe sceso per mezzo di una scala a pioli, con il sacco dei regali in spalla, sulla terrazza prospicente l’immennso salone dove troneggiava un maestoso albero di natale finemente decorato e illuminato a giorno. I nipoti incollati ai vetri delle porte finestre del salone avrebbero assistitoa tutta la messinscena. Finita la discesa, avrebbe fatto il suo ingresso trionfale dinnanzi ai suoi nipotini esterefatti. Certo la cosa gli era costata più di qualche euro: il costume da babbo natale fatto fare su misura dal suo sarto di fiducia, da solo gli era costato più di quanto fosse umanamente possibile immaginarsi... per non parlare poi delle pressioni che aveva fatto su Bubblè, ospite di una sua televisione, per convincerlo a cantare qualche canzoncina natalizia dal vivo mentre scendeva dalla scala. Ma quell’ingrato non ne aveva voluto sapere. Magari sarebbe stato per l’anno prossimo. Non era uno che si arrendeva facilmente lui!

E così finita la cena si era assentato con la scusa di dover fare delle importanti telefonate di lavoro (scusa che usava spesso ma che sembrava funzionare sempre). Si era cambiato, aveva indossato il costume rosso in vigogna e la barba finta e con il sacco dei regali in spalla, accompagnato dalla sua inseparabile guardia del corpo Jhonny Tembo si era recato nel sottotetto. Aveva aspettato che Jhonny controllasse che sul tetto non ci fossero pericoli di sorta e poi quando questi gli aveva dato il via libera si era issato sul tetto della villa attraverso un comodo lucernaio situato a circa metà della copertura. Adesso doveva solo raggiungere l’estremità del tetto dove l’attendeva la sommità della scala a pioli illuminata a giorno e fare la sua discesa trionfale. Johnny Tembo aveva insistito fino all’ultimo per accompagnarlo nel tragitto ma su questo non aveva voluto sentire ragioni. Non era un vecchio che aveva bisogno della badante e poi se c’era qualcosa che proprio non sopportava era che qualcuno gli rubasse la scena.

Appena salito sul tetto l’aria gelida notturna gli aveva sferzato il volto intorpidito dal caldo tepore dell’interno della villa. La cosa non lo disturbò affatto, tutt’altro servì a svegliarlo da quel torpore e da quella sonnolenza che sempre più di frequente lo coglievano dopo mangiato e non solo. Anche durante la cena si era reso conto di esersi appisolato ma nessuno dei suoi commensali se ne era reso conto o almeno aveva fatto finta di non vedere. Ma mossi che ebbe i primi passi, una fitta piogerellina cominciò a scendere fastidiosa. Lì per lì la cosa non lo infastidì più di tanto ma poi il cerone cominciò a calargli sugli occhi offuscandogli la vista. E si perchè prima della cena aveva registrato un’intervista televisiva e non aveva fatto in tempo a struccarsi. Anche se a dire il vero un po’ di fondo tinta lo teneva sempre a coprire quei segni dell’età che neanche tutte gli interventi estetici a cui si era sottoposto erano riusciti completamente a nascondere. E come se non bastasse anche la superficie del tetto si era fatta viscida e scivolosa con la pioggia e camminare con quelle scarpe con il rialzo (quello della statura non proprio da corazziere era un complesso che non era mai riuscito a togliersi) non lo facilitava di certo. Forse a vrebbe fatto megio a farsi accompagnare da Johnny... Questo è quello a cui stava pensando quando un improvviso black out elettrico fece precipitare il tetto nell’oscurità. Ma poi quando la vista a poco a poco si abituò al buio, la sommità della scala, al bordo del tetto, appareve di nuovo visibile alla flebile luce della luna.

Aveva percorso già più di metà del percorso, un’altra decina di passi e sarebbe arrivato alla scala. Ce la poteva fare. Certo doveva fare attenzione a non scivolare... Intanto Jhonny Tembo preoccupato per la situazione che si era venuta a creare lo stava esortando a tornare indietro. Ma lui non era certo tipo da tirarsi indietro: mai l’aveva fatto nella sua vita e neanche questa volta avrebbe fatto eccezione. Mosse altri due passi malfermi nella direzione della scala avvinghiandosi ad un comignolo e si apresstava a coprire l’ultimo breve tratto che lo divideva dalla scala, quando la luna fu oscurata da una spessa nuvola. E con la luna spari anche quel barlume di luce che illuminava fievolmente i suoi passi.

Ma non sarebbe bastato questo a fermarlo! Altri pochi passi e sarebbe arrivato, ce la poteva fare come sempre ce l’aveva fatta nella vita. Anche se nella vita c’era sempre qualcuno che l’aveva aiutato, magari pagato lautamente, ma sempre qualcuno c’era stato. E invece ora si sentiva maledettamente solo... Quel coglione di Jhonny Tembo glielo avrebbe dovuto impedire di fare quella mattana... ma adesso doveva concentrarsi: ancora altri tre passi e ci sarebbe dovuta essere la scala.

In realtà i passi che avrebbe dovuto fare erano solo due: è questo quello che pensò mentre precipitava nel vuoto.

Quando toccò il pavimento del terrazzo dopo un volo di circa sette metri la cosa che più lo colpì fu il rumore come di rami che si spezzano. Ma non doveva essersi fatto nulla di grave perchè non sentiva nessun dolore. Adesso avrebbe fatto un respiro profondo e poi si sarebbe alzato. Perchè lui era uno che si rialzava sempre. Ogni volta che lo davano per caduto, lui si era sempre rialzato e lo avrebbe fatto anche questa volta.

Però si sentiva strano questa volta, stanco, svuotato. Si sentiva bene dove stava, così disteso per terra a fissare quel cielo che era tornato ad essere stellato. Le voci delle persone che ora si rendeva conto affaccendarsi intorno a lui gli giungevano lontane, ovattate.

L’immagine di Babbo Natale che solcava il cielo sulla sua slitta trainata dalle renne fu l’ultima cosa che videro i suoi occhi.


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto