Avevo lasciato in sospeso nell’ultimo post la ricerca delle cause del conflitto sanguinoso che sta dilaniando il nord del Congo, in particolare la regione del Kivu. Sicuramente alla base degli scontri ci sono motivi di ordine etnico: infatti gli scontri avvengono tra le truppe ribelli del CNDP (Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo) che sono capeggiate dal generale dissidente Laurent Nkunda, che è un tutsi congolese, e le truppe filo governative dei Pareco Mai-Mai che sono costituite per la maggior parte da hutu.
Apriamo una breve parentesi. Per chi non lo sapesse hutu e tutsi sono due etnie che hanno convissuto pacificamente nell’area che comprende il nord del Congo, il Rwanda e parte dell’Uganda, fintanto che i Belgi, colonizzatori del Congo e del Rwanda, sono intervenuti tragicamente nei loro destini. In Rwanda infatti i Belgi per poter meglio controllare le popolazioni locali hanno applicato in questa parte dell’Africa la tattica latina, antica ma sempre efficace, del divide et impera I tutsi che erano in minoranza sono stati messi a comandare sugli hutu, creando così malcontenti, odi razziali e sensi di rivalsa degli uni nei confronti degli altri. Tutsi e hutu sono popolazioni con caratteristiche morfologiche distinte, distinguibili facilmente anche da noi europei. I primi sono una popolazione di origine bantu (watussi): sono quindi alti, longilinei con il naso sottile a differenza dei secondi che hanno una corporatura più tozza, la faccia larga e il naso largo e schiacciato. Pur essendo popolazioni distinte condividevano gli stessi territori e non erano infrequenti matrimoni misti tra le due etnie. I belgi pensarono bene di separarli in maniera netta, prevedendo l’indicazione dell’etnia di appartenenza sui documenti di riconoscimento e vietando i matrimoni misti; poi misero il gruppo di minoranza al potere. E’ chiaro che il senso di odio e rivalsa degli hutu cresceva sempre più al passare degli anni. Così quando col cadere del colonialismo, i belgi si ritirarono dal Rwanda, gli hutu, che peraltro erano anche in maggioranza, presero il potere e molti tutsi si videro costretti ad espatriare nella vicina Uganda. Da qui però si riorganizzarono anche militarmente e cercano di riprendere il potere in Rwanda. Il clima sempre più teso tra le due etnie in lotta per il predominio dell’una sull’altra ha portato nel 1994 al genocidio perpetrato dagli hutu nei confronti dei tutsi. Nell’arco di una sola giornata infatti nel ’94 centinaia di migliaia di tutsi fu massacrata a colpi di machete. Se avete un ricordo sbiadito di quello che è successo allora vi consiglio di vedere il film “Hotel Rwanda” che potete trovare in dvd. Alla luce di questi antefatti è facile immaginare che i flussi di profughi hutu, rei del genocidio in Rwanda, da quest’ultimo paese al vicino Congo non sia ben vista dalle minoranze tutsi congolese di cui il generale Nkunda ne è l’alfiere.
Ma siamo sicuri che l’odio razziale sia l’unica causa dei conflitti odierni? O magari c’è qualche causa più subdola? A ben vedere il generale Nkunda ha cominciato a creare disordini per sostenere la minoranza tutsi del nord del Congo dall’afflusso di profughi hutu. Ma i tutsi della zona sono bene integrati nella società e nessuno ha interesse ad attaccarli. Allora cosa spinge i ribelli di Nkunda agli scontri e ai saccheggi? A detta di tutti dietro a Nkunda c’è il presidente ruandese Paul Kagame che rifornisce di armi i ribelli. E che interesse ha il Rwanda a fomentare disordini nella zona del Kivu? La risposta sembrerebbe essere il coltan.
Il coltan è una miscela di columbite e tantalite, da cui il nome, che sono due minerali leggermente radioattivi che contengono tantalio. A parte gli addetti ai lavori, nessuno di voi immagino sospetti di avere un po’ di tantalio nelle immediate vicinanze. Infatti tantalio è contenuto nel vostro i-pod e nel vostro telefonino cellulare. I moderni apparecchi elettronici necessitano di tantalio che poi è un conduttore, per poter funzionare con le prestazioni a cui siamo abituati. Il problema del coltan però è che è raro e che si trova concentrato in circoscritte zone del mondo. La sua scarsità congiuntamente alla necessità di approvvigionamento da parte delle industrie elettroniche occidentali hanno fatto sì che il prezzo del coltan ha superato quello dell’oro.
Ora l’80% dell’estrazione mondiale del coltan avviene in Congo. Anche in Rwanda ci sono miniere di coltan ma la produzione è molto limitata. Non starò qui a raccontarvi le storie di sfruttamento, anche minorile, che sta dietro l’estrazione del coltan per cui vi rimando alla puntata del 25/05/2008 di Report . Vi basti sapere che stante la situazione di corruzione generalizzata che pervade la vita pubblica del Congo, solo il 10% del coltan estratto viene dichiarato nelle contabilità ufficiali. Il rimante 90%, spesso pagato col riciclaggio di denaro sporco, viene contrabbandato in Rwanda. Qui il coltan congolese si unisce al poco coltan estratto nel paese e venduto, solo a questo punto in maniera lecita, alle società elettroniche occidentali. Qui nelle moderne banche di Kigali, la capitale del Rwanda, ingenti quantità di denaro, spesso provenienti da banche caraibiche, vanno ad arricchire i mercanti del coltan. Le banche si trovano in Rwanda perché il Rwanda è ormai un paese stabile a differenza del vicino Congo. E chiaramente il Rwanda ha tutto l’interesse che la zona di confine del Kivu rimanga in preda all’instabilità e al disordine: se infatti l’esercito governativo congolese controllasse la zona di confine col Rwanda il contrabbando di coltan sarebbe più difficile se non impossibile. Nkunda con i suoi saccheggi e con i suoi attacchi ai filo governativi garantisce ai contrabbandieri di operare indisturbati con buona pace del governo del Rwanda.
Questi sono i fatti. La prossima volta che comprerete un telefonino magari non comprate proprio l’ultimo modello, non c’è bisogno! Comprate quello appena appena meno performante, va bene lo stesso per telefonare. Risparmierete così qualche decina di euro che potrete devolvere a qualche organizzazione umanitaria che opera in Congo per aiutare quegli orfani o quei profughi che si trovano in questa condizione, certo indirettamente ma anche per colpa nostra.
1 commento:
grazie filo.
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