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giovedì 7 gennaio 2010

AN ITALIAN CHRISTMAS CAROL (Part II)


Per chi non l'avesse ancora fatto consiglio di leggere prima la prima parte.


Il volto che i primi raggi di sole dell’alba illuminarono quella mattina, era quello di un uomo nuovo. La faccia era la stessa ma non aveva più quel cipiglio e quei tratti da impunito che lo facevano tanto visceralmente odiare dai suoi avversari. Avrebbe fatto subito chiamare i suoi per definire insieme a loro le nuove strategie politiche del suo governo. Ma i suoi sodali furono più lesti di lui e costrinsero i medici a ripetere tutte le analisi, TAC, risonanze magnetiche, ecografie, PET, alla ricerca di cosa avesse fatto uscire di senno il loro benamato Sire. Ma nulla fu riscontrato di anomalo nel suo cervello e i suoi lacchè furono costretti a rassegnarsi a presenziare alla riunione indetta dal loro capo nella sua stanza subito dopo pranzo.

Quello che accadde in quella riunione andò ben aldilà delle loro più fosche e torve previsioni.

“Bisogna porre termine al clima di odio che si è venuto a creare nel paese” esordì l’egoarca di fronte ai suoi, al completo.

“L’amore vince su tutto” proseguì. “Omnia vincit amor…” chiosò Cipollino subito fulminato dallo sguardo torvo di tutti gli altri.

“Ho pensato – continuò l’egoarca – che dobbiamo rifondare il nostro partito, il nostro popolo, su nuove basi programmatiche. Sarà un partito etico, virtuoso e ambientalista che si batterà per aiutare le fasce più deboli della popolazione, per favorire l’integrazione delle minoranze etniche, laico e moderno. Che si prodigherà per lo sviluppo della cultura e di nuove tecnologie pulite fruibili da tutti i cittadini.”

A quelle parole seguì una vera e propria ecatombe. Il ministro Tajola che aveva investito tutti i suoi risparmi - e non erano pochi -, per comprare i terreni dove avrebbe fatto installare le centrali nucleari di terzultima generazione dismesse dalla Francia che gliele aveva vendute con il fuorviante user name di “LUE” su ebay, pensando alla speculazione mancata e alla sua imminente rovina economica, sbarrò gli occhi e colpito da grave aritmia ventricolare cadde a terra come morto. Solo il pronto intervento del primario di cardiologia che gli iniettò 3 mg di atropina in vena, lo salvò da morte certa. Il ministro si riprese ma rifiutò di farsi ricoverare in terapia intensiva, come avrebbe invece voluto il luminare. Tajola non sarebbe mancato per nulla al mondo al proseguo della riunione, nella speranza di salvare il salvabile, e inforcati un paio di occhiali da sole per proteggere le pupille dilatate dall’effetto dell’atropina, si sedette stremato su di una poltroncina di Hello Kitty con in viso una maschera di odio e sofferenza.

Dal canto suo il ministro Maron Glacé, a sentire la parola: ‘integrazione’, fu colto da una forma psicosomatica di idrofobia e cominciò rabbioso a sbavare in preda a convulsioni generalizzate. Solo la somministrazione di un cocktail di farmaci ansiolitici e narcotizzanti in dose massiccia che lo prostrarono in uno stato di catatonia, atonia e atimia; lo riportarono alla calma.

Don Virzì invece a sentire parlare di laicità dello Stato ruotò la testa di 180°, come Linda Blair nel film ‘L’esorcista’, ed emise un getto di vomito verdastro col quale imbrattò il tailleurino della ministra dell’istruzione. La pronta somministrazione di un intero flacone di soluzione fisiologica di Lourdes per via endovenosa lo riporto ad una postura normale.

Solo 2232, a parte beninteso Cipollino che avrebbe seguito il suo Sire anche in fondo al mare, sembrò non risentire troppo delle esternazioni del suo capo. Aveva stampato in faccia un serafico ed enigmatico sorriso alla Joker di Batmaniana memoria, e non lasciava trapelare nulla di quello che stava provando. La sua mente in realtà era in piena e fervente attività. Analizzava tutte le possibili conseguenze delle parole dell’egoarca e studiava in tempo reale tutte le possibili contromosse da porre in atto per limitare i danni. Il suo vate Lucio Jelly sarebbe stato fiero di lui!

Intanto impassibile alle rovinose conseguenze delle sue parole, l’egoarca proseguì con l’esternare le sue intenzioni future.

“Per dare più incisività a questo cambiamento, cambieremo anche il nome e il simbolo del partito. Troveremo un nuovo nome che sia evocativo del cambiamento e della svolta ecologista. Un nome nuovo che tenga conto anche delle origini silvane del mio nome (perché era vero si, che era cambiato ma la sua autostima il suo ego smisurato non erano arretrati di un millimetro). Ecco ci sono!” disse “Chiameremo il nuovo partito ‘Felce e Mirtillo’!”

A quelle parole anche Cipollino ebbe un cedimento. Ma fu solo per un attimo. L’idea di poter avere l’onore di scrivere il testo del nuovo inno ebbe subito il sopravvento su tutto il resto. – ‘Felce e mirtillo / come del fiore il pistillo …’ - Il suo estro poetico fu però interrotto dall’ordine perentorio dell’egoarca “Adesso andate. Ho bisogno di rimanere solo per poter riflettere e riposare che domani devo andare alla conferenza mondiale sul clima di Copenaghen dove annuncerò che l’Italia si impegnerà unilateralmente a ridurre le sue emissioni di CO2. del 50% entro i prossimi 10 anni”

Così i suoi ministri uscirono attoniti alla spicciolata, chi era in grado sulle proprie gambe, chi non lo era fu portato via di peso dagli altri.

Quando la porta si chiuse e fu finalmente solo, l’egoarca pensò -Il dado è tratto! Anzi: alea iacta est (come aveva sentito dire da Johnny Tembo).- E con l’immagine di Romolo e Remolo che attraversavano il Rubicone per andare a fondare Roma, si assopì soddisfatto godendo, forse per la prima volta in vita sua, del sonno dei giusti.

Intanto nella saletta giochi del reparto pediatrico si stava svolgendo una riunione dei massimi vertici del suo partito (o forse sarebbe meglio dire del suo ex partito). Le grida concitate si sentivano per tutto il reparto deserto.

“Non possiamo permettere che si compia questo scempio dell’Italia e del nostro partito! Felce e mirtillo! Questo mai!” dissero all’unisono molti di loro.

“Non abbiamo tempo. Dichiariamolo subito incapace di intendere e di volere e destituiamolo!” propose Maron Glacé che trovò l’appoggio di molti degli astanti. Solo 2232 e Tajola rimasero impassibili alla proposta. Tajola perché il suo stato d’animo era indecifrabile dietro quegli occhiali scuri e 2232 perché aveva chiari i limiti di quel piano.

“Senza di lui la maggioranza si spacca!” disse infatti riferendosi all’egoarca “E questo non ce lo possiamo permettere”.

“Ho visto una volta un film che si chiamava ‘Face Off’, quello con Travolta e quell’altro, quello che mi somiglia” disse all’improvviso Gaspar “quello in cui fanno il trapianto della faccia!”

Le sue parole furono accolte da facce sbigottite ed interrogative. Solo 2232 capì quello che voleva intendere in realtà Gaspar con quelle parole. “Ma certo!” disse “Se uno di noi si scambia la faccia con lui possiamo continuare a governare come se nulla fosse successo! Ho letto che c’è un chirurgo plastico elvetico che ha dichiarato che è tecnicamente possibile fare questo tipo di intervento anche se ancora nessuno l’ha mai effettuato.”

“Ma chi può prendere il posto del Sire?” si interrogò perplesso.

“Io! Io!” Urlò come impazzito Cipollino che alla sola idea di avere l’onore di fregiarsi della faccia dell’egoarca, ebbe una polluzione spontanea che coprì strategicamente con un pupazzo di winnie the pooh messo con nonchalance sulla patta macchiata. La manovra non passò inosservata alla ministra Michela Vittoria Granbella che pensò di essere stata lei la causa di quanto successo e lusingata accavallò più volte le gambe con fare sexy. –Come Sharon Stone in Attrazione Fatale!- pensò Gaspar che magari come politico non era un granché ma come cinefilo non aveva uguali, almeno al governo.

“Non dire idiozie!” ruggì 2232 alla volta di Cipollino “Come puoi prendere il posto dell’egoarca se sei alto più del doppio!”

Era vero: Cipollino con la faccia dell’egoarca non sarebbe stato neanche lontanamente credibile. I presenti si guardarono l’un l’altro cercando chi tra i presenti poteva farsi impiantare la faccia del primo ministro. Ma nessuno sembrava compatibile in quanto a statura.

Quando all’improvviso entrò trafelato il ministro Roscetta.

“Scusate” disse “sono arrivato tardi perché sono rimasto bloccato dagli scioperi nell’ordine: degli autisti ministeriali, dei controllori di volo, dei piloti, dei macchinisti e dei tassisti. Ma non appena torno a Roma scrivo un decreto legge che depenalizzi l’omicidio dei sindacalisti. Maledetti fannulloni!… Ma che avete tutti quanti? Perché mi fissate tutti?”

Eh si, Roscetta era famoso per la sua statura o meglio per la mancanza della stessa e quindi era l’unico candidato possibile per il trapianto.

“Andate a morire ammazzati!” sbottò, quando fu messo a parte del piano. Va bene mettersi a servizio della causa ma a tutto c’era un limite. Perdere la faccia, soprattutto nel senso letterale del termine, non fa piacere a nessuno senza contare poi i rischi e la sofferenza legata all’intervento chirurgico sperimentale… Roscetta stava rapidamente guadagnando l’uscita quando i politici presenti alla riunione gridarono all’unisono “Fermatelo!”.

Ma essendo più abituati a dare ordini che ad eseguirli, nessuno si mosse di un millimetro. Ma proprio quando stava ormai varcando l’uscio guadagnandosi così la salvezza, Roscetta fu assalito alle spalle da Michela Vittoria Granbella. Tra lo stupore generale, la ministra aveva spiccato un balzo felino verso la porta, aveva afferrato Roscetta alle spalle e lo aveva spinto prono a terra. Poi, stando a cavalcioni sul dorso del collega, con rapidi gesti si era sfilata l’autoreggente di destra e con questa gli aveva legato tra loro i polsi e le caviglie dietro la schiena. “Va a morire ammazzata” aveva allora gridato il ministro, sentendosi immobilizzato. Ma la Granbella con un rapido gesto si era spogliata anche dell’autoreggente di sinistra e con questa aveva imbavagliato il povero Roscetta riducendolo al silenzio. Tutti gli altri erano basiti, con gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore.

“Come in Kill Bill!” pensò Gaspar con gli occhi più fuori degli altri.

Ora che il donatore/ricevitore del trapianto incrociato di faccia era stato trovato, solo un uomo poteva opporsi allo svolgimento dell’operazione “Face Off” e quest’uomo rispondeva al nome di Johnny Tembo!


TO BE CONTINUED




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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto