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giovedì 30 ottobre 2008

THE WINNER IS.....


Oggi si sono chiuse le votazioni del grande concorso “Logo dell’anno”. Ringrazio tutti partecipanti che hanno inviato le loro opere di ingegno e anche tutti quanti hanno espresso il loro libero voto attraverso il blog. Devo dire ad onor del vero che la partecipazione è stata al disotto delle aspettative nonostante la forte appetibilità del premio: la mia gratitudine incondizionata  che si palesa, come potete vedere,  nella menzione del nome del vincitore e nella pubblicazione di una sua foto nei credits. Comunque le operazioni di voto si sono svolte in maniera democratica e regolare. Il risultato finale ha visto il trionfo quasi plebiscitario di Lucaft con il suo logo numero 2 nonostante i sondaggi vedevano prevalere, anche se per pochi punti percentuali, il logo di Ragno. Non entro nello specifico del merito artistico e sui contenuti del lavoro grafico di cui l’autore se vorrà potrà commentare e spiegare di persona.

Concludo con una indiscrezione. Lucaft, che nei credits vedete in una foto recente, è uno dei due zorri della foto che trovate a sinistra. Certo all’epoca, tanti e tanti anni fa era un bambino e quindi poco riconoscibile ma magari adesso sarà più facile per voi risalire a chi dei due zorri è bdeb.

lunedì 27 ottobre 2008

FORMICAI, IMPERI, CERVELLI


La notizia che viene data dal TG1 è questa: mentre il prezzo del grano diminuisce, tanto che è diventato quasi non conveniente continuare a coltivarlo perché non si coprono i costi di produzione,  il prezzo di pane e pasta al dettaglio continua ad aumentare. Punto, nient’altro. La notizia viene data così concisa ed asciutta senza spiegazioni o approfondimenti come se fosse la cosa più normale del mondo e non ci sia niente da meravigliarsi. A me così non sembra e mi documento. Nell’ultimo anno il prezzo del grano si è dimezzato mentre il prezzo di pane e pasta è aumentato del 46% circa. Ora il pane è fatto con farina di grano, acqua, qualche volta il sale e il lievito; la pasta neanche con quest’ultimo. Sarebbe quindi logico e aspettarsi che se praticamente l’unico ingrediente con cui sono fatti pane e pasta diminuisce di costo, diminuisca, anche se in percentuale minore, il costo di questi ultimi. Ai tempi dei miei nonni, ma anche più recentemente dei miei genitori, questo legame diretto e lineare ci sarebbe sicuramente stato ma l’economia di oggi è diventata molto più complessa e comportamenti così inaspettati ne sono la conseguenza. Infatti la mancanza di una relazione lineare tra prezzo della materia prima e del prodotto finito è la prova che il sistema economico è un sistema complesso le cui regole non sono facili da prevedere. A questo punto vi consiglio un libro sui sistemi complessi: “Formicai, imperi, cervelli” di Alberto Gandolfi edito da Bollati Boringhieri edizioni Casagrande. Io l’ho letto qualche anno fa ed è stata una lettura illuminante. Acquisendo infatti le nozioni di base sulla teoria della complessità in esso contenute si possono riconoscere i comportamenti tipici dei sistemi complessi che sono ovunque: dal clima alla storia dell’uomo, dal corpo umano all’economia globale, dal singolo batterio alla società di cui facciamo parte. Saper riconoscere questi comportamenti tipici di tutti i sistemi complessi, indipendentemente dalla loro natura, permette di vedere questi fenomeni da un’ottica più ampia. Si perdono magari di vista le fluttuazioni locali del sistema ma si ha una visione d’insieme che permette di vedere l’andamento del sistema nella sua globalità. Provo a spiegare meglio, anche se rinnovo l’invito a leggervi il libro (non spaventatevi, non sono richieste cognizioni scientifiche particolari, in tutto il libro è presente una sola formula, ed è ricco di esempi su sistemi complessi naturali o frutto dell’ingegno umano cosicché ognuno potrà trovare quello con cui ha più familiarità e soprattutto come divulgatore l’autore è molto più bravo di me).

Innanzitutto vediamo cosa è un sistema complesso. Partiamo da una sua semplice definizione che dice che: un sistema complesso è un sistema aperto formato da una moltitudine di elementi che interagiscono tra di loro in modo non lineare e che costituiscono un’identità unica organizzata capace di evolversi e adattarsi all’ambiente. Spiegato in questi termini il concetto sembra astruso ma andiamo per gradi. Il fatto che un sistema è aperto significa che il sistema ha degli input dall’esterno come per esempio lo è l’energia solare per l’ecosistema terrestre. Sul resto della definizione basta un esempio per capire: un termitaio è un sistema complesso perché è costituito da un insieme di termiti che hanno interazioni tra di loro (si scambiano cioè informazioni, cibo, ecc.) e pur mantenendo ogni termite la sua individualità il termitaio può essere visto come un’identità a se stante, organizzata (perché le singole termiti sono organizzate secondo mansioni specifiche) e dinamica (il termitaio cresce e si modifica in continuazione). Ma quello che più caratterizza la complessità di un sistema è la rete di relazioni che si  instaurano tra gli individui costituenti il sistema e la sua non linearità, di cui abbiamo già detto, e che in altri termini significa che non c’è proporzionalità tra input ed output del sistema. Il fatto fondamentale è che ogni individuo costituente un sistema ha relazioni con un certo numero di altri individui. Queste relazioni possono generare degli input o degli output cioè ogni individuo può ricevere “informazioni” da alcuni individui con cui ha relazioni o cederne. La cosa interessante e che un individuo può ricevere come input informazioni da individui a cui lui stesso a sua volta ha ceduto informazioni, attraverso meccanismi di retroazione (feedback in inglese). Si tratta in genere infatti di sistemi autoreferenziali dove cioè ogni elemento del sistema dipende dagli altri e viceversa rendendo così il comportamento del sistema imprevedibile anche conoscendo in un dato istante tutti gli input che il sistema riceve, perché questi si perdono in una palude di intrecci casuali, sovrapponendosi, annullandosi, rafforzandosi e modificandosi. E così l’input perde la correlazione diretta di causa ed effetto con l’output.

Per tornare alla notizia iniziale che ha scaturito tutto questo sproloquio, il costo del pane ha perso una correlazione diretta con il prezzo del grano perché il sistema economico è un sistema complesso in cui il prezzo all’ingrosso del grano è influenzato dal valore di qualche prodotto finanziario derivato di cui il grano è il sottostante (vedi:  PDF prodotti finaziari derivati), dal prezzo del petrolio che incide sui costi di trasporto e sulla bolletta del forno che cuoce il pane e dal valore di borsa delle azioni della grossa distribuzioni che per rifarsi dei tracolli subiti di recente ha bisogno di fare cassa. E il contadino che il grano lo coltiva con tanta fatica? Temo che se lo prenda nel culo attraverso un tipico meccanismo di retroazione. Siamo o no di fronte ad un sistema complesso?

Ora che l’ho rispolverata mi rendo conto che la teoria dei sistemi complessi possa spiegare un po’ delle cose strane che stanno avvenendo in questo ultimo periodo ma magari ve ne parlo la prossima volta. Soprattutto dovremo cercare di capire se fenomeni come quello del prezzo del pane seppure spiegabili con la teoria della complessità debbano essere visti come ineluttabili o invece modificabili operando semplificazioni opportune del sistema.

martedì 21 ottobre 2008

IMAGINE


E’ sabato. E’ sera. In attesa che si faccia l’ora di uscire mi attardo a guardare la televisione. La seguo distrattamente, in realtà sto pensando a quale potrebbe essere l’argomento del prossimo post. Ma non mi viene in mente niente di particolarmente interessante. Eh si, tenere un blog è un passatempo impegnativo! Nel frattempo Fabio Fazio in TV intervista a “Che tempo che fa” l’inossidabile Gianni Morandi. Io con Gianni Morandi ho un feeling particolare. Mia mamma mi ha sempre raccontato che a due anni di età non c’era verso di addormentarmi per il sonnellino pomeridiano se non col farmi ascoltare la sua canzone “Bella Belinda” riprodotta dal mangiadischi. Potrei raccontare di questo ma dubito che la cosa possa interessare qualcuno. Però mi sovviene l’immagine di Alice, una bimba di cinque anni figlia di miei amici, che in piedi sulla sedia guarda i video in bianco e nero di Gianni Morandi su Youtube nel portatile dei genitori. Ecco magari di questo potrei parlare: la cosa offre spunti interessanti. Ma si è fatta l’ora di uscire e nel prendere il cellulare dal mobile vicino all’ingresso di casa lo sguardo mi cade sul disegno che Alice ha fatto per me qualche mese fa e che ho appeso sopra il mobile. Il disegno è quello riportato qui a fianco e anche su questo potrei dire cose sicuramente interessanti. Si penso che parlerò di queste cose che vedono Alice come involontario filo conduttore. Poi però esco e il giorno seguente la cosa mi è passata completamente di mente. Ma la domenica mattina mentre sto leggendo un libro mi arrivano le parole della canzone “Verranno a chiederti del nostro amore” di Fabrizio De Andrè e tra queste la parola Alice  “…andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori …”. Allora mi ritornano in mente i pensieri del giorno prima e mi accingo a scrivere ciò che adesso state leggendo.

Il fatto che una bimba di cinque anni conosca le canzoni di Gianni Morandi perché ne vede i video su Youtube è di per se una cosa straordinaria che dimostra tutte le potenzialità che possiede uno strumento come Youtube. Certo la passione Alice l’ha mutuata dalla mamma ma rimane comunque il fatto che se non fosse stato per internet probabilmente Ali non avrebbe avuto modo di conoscere “Non son degno di te” piuttosto che “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”. Questo perché la mamma non ha conservato i dischi di Morandi o se anche l’avesse fatto li avrebbe in vinile e quindi non facilmente riproducibili. Invece con Youtube Alice può ascoltarli quando vuole, mamma permettendo, ma anche vederne i video: ricordate i vecchi film in bianco e nero di Gianni Morandi con la divisa da militare che tentava di conquistare la bella di turno? E’ questa la vera rivoluzione della TV su internet: poter vedere gratuitamente quello che si desidera e soprattutto quando si vuole. Questo atteggiamento attivo da parte dello spettatore, questa libertà di scelta, è una cosa che ha del rivoluzionario se si pensa all’atteggiamento completamente passivo che ha lo spettatore tradizionale di fronte alla vecchia televisione. Laddove i palinsesti sono stabiliti rispettando le sole logiche di mercato, per cui in prima serata è ormai quasi impossibile assistere a trasmissioni di un qualche interesse, con rare eccezioni per la verità, qui, su internet cioè, si ha la libertà di scegliere cosa vedere senza restrizioni e senza limiti legati all’audience. Tra l’altro Youtube contiene una certa percentuale di video autoprodotti dagli utenti stessi così che su internet trovano spazio quelle voci che sulla televisione non ne troverebbero alcuno. Si tratta di una rivoluzione che parte dal basso e che secondo me eroderà ascolti sempre maggiori alla televisione tradizionale.

Ma veniamo al disegno. Cosa c’è raffigurato secondo voi? Beh, non vi viene niente in mente? Allora ve lo dico io, così come me l’ha spiegato Alice. C’è un albero sui cui rami ci sono una scimmietta (quella a destra), un leopardo “a ciondolo” (quello appeso a sinistra riconoscibile perché punticchiato) e quattro cicogne che volano nel cielo. A parte la bellissima definizione di “a ciondolo” riferita al leopardo e che credo volesse dire che il leopardo era appeso al ramo come un ciondolo in una collana per l’appunto, mi saltò all’occhio un’evidente incongruenza. E così, forte delle mie conoscenze matematiche superiori, dissi ad Alice: “sono tre le cicogne Alice, non quattro”, pensando legittimamente che una bimba che al tempo aveva quattro anni e mezzo potesse aver avuto difficoltà nel contare. Ma lei mi corresse a sua volta dicendomi con una sicurezza disarmante: “No, le cicogne sono quattro: una è nascosta dietro l’albero”. Come se fosse la cosa più ovvia del mondo.Al che non seppi cosa rispondere sentendomi il più idiota tra gli idioti. Inconsciamente Alice mi aveva dato una grande lezione. Non bisogna limitarsi alle apparenze, le cose possono essere diverse da come appaiono. Niente è scontato nella vita ma c’è sempre una soluzione alternativa. L’immaginazione può permetterci di vedere cose che stanno oltre la realtà. Non sempre la risposta più ovvia e scontata è quella giusta. Tutte cose queste, che gli artisti, i bambini così come gli scienziati hanno bene a mente ma che noi comuni mortali spesso abbiamo dimenticato.

Tra l’altro io in Africa ci sono stato e ho visto i leopardi sulle acacie ma mai “a ciondolo” e soprattutto non ho mai visto sullo stesso albero scimmie e leopardi, in genere i secondi dissuadono le prime da certe promiscuità. Però magari Alice ha ragione! Credo che dovrò tornare in Africa per controllare meglio di persona.

Jambo sana.

mercoledì 15 ottobre 2008

YOGA - F.A.Q.


Come potete facilmente evincere dall’immagine a lato, anche oggi mi occuperò di yoga. Prima che me lo chiediate, vi anticipo: “no”, non sono io quello della foto. E ancora: no, non la so fare quella posizione e temo che non la saprò mai fare. Contenti? La foto mi servirà per spiegarvi alcune cose sullo yoga. Ma andiamo per ordine. Forse sarebbe stato più semplice spiegare cosa lo yoga “non è” piuttosto che impelagarsi nel tentativo di spiegare in cosa consista lo yoga, come ho tentato di fare la volta scorsa. Effettivamente rileggendo quanto scritto la scorsa settimana mi accorgo che la descrizione fatta appare purtroppo nebulosa e piuttosto lacunosa. Nell’invitarvi ancora una volta quindi a cominciare a praticare lo yoga: valgono infatti di più quindici minuti di pratica che mille spiegazioni, tenterò di riuscire nell’ardua impresa rispondendo alle domande che frequentemente mi vengono poste al riguardo. Le FAQ (acronimo inglese per frequently asked questions), cioè le domande più frequentemente poste su un argomento, sono un metodo molto utilizzato in internet per cercare di dare spiegazioni semplici ad argomenti anche molto complicati. Invece che tentare di dare una spiegazione esaustiva di un argomento si danno le risposte alle domande pratiche che spesso incorrono. Non è un sistema forse elegante di affrontare intenti divulgativi ma sicuramente efficace. Veniamo quindi all’argomento di questo post e del precedente.

Lo yoga serve a rilassarsi? In generale no! Tutt’altro! Lo yoga infatti serve a liberare e a far scorrere l’”energia” del corpo. In effetti dopo le lezioni di yoga spesso ci si sente piacevolmente “energizzati”. La spiegazione orientale vi dirà che ciò succede perché si sono attivati dei percorsi energetici interni al corpo o stimolati i chackra (i centri di energia). Più probabilmente, con una spiegazione più occidentale anche se meno elevata, ciò succede invece perché si sono stimolate attraverso particolari asana certe parti del corpo, ad esempio le ghiandole surrenali, con conseguente produzione di endorfine. Va anche detto, ad onor del vero, che sono tipiche dello yoga alcune tecniche di rilassamento, poi riprese dal moderno training autogeno. Ma questo rilassamento non è fine a se stesso ma finalizzato alla meditazione.

Nello yoga si suda? Certo che si! Se non ci credete guardate la foto! Lo yoga non è ginnastica ma va detto che le asana che chi pratica lo yoga assume sono molte faticose in particolare per i principianti che sono molto legati, fisicamente parlando. Prendo spunto dalla foto per chiarire un paio di cose. Per poter fare una posizione del genere occorre elasticità, forza ed equilibrio. L’elasticità del corpo è una conseguenza non una finalità. Lo yoga non è infatti stretching anche se alcuni esercizi di stretching derivano dallo yoga. Le posizioni sono statiche e vanno mantenute per tempi che per i più esperti possono essere anche molto lunghi. Nell’asana ci si concentra sulla respirazione che serve anche a perfezionare la posizione stessa.

Nello yoga si fanno i muscoli? Se si parla di volume, non è detto! Se si parla in termini di elasticità e potenza,allora si. Tornando alla foto per poter raggiungere quella posizione bisogna avere sufficiente potenza degli avambracci e degli addominali ma soprattutto mobilità delle articolazioni delle anche. Va però detto che il bravo yogini, cioè colui che pratica lo yoga, raggiunge la posizione attraverso successivi stati di equilibrio e nella posizione di equilibrio il ricorso alla forza è minimo. E’ più importante aver consapevolezza del proprio corpo.

Nello yoga ci si addormenta? Non si dovrebbe! Ma durante alcune tecniche di rilassamento tipiche dello yoga nidra, che portano ad un sonno apparente in cui però la mente rimane vigile ma sgombra da pensieri, la differenza tra sonno apparente e sonno vero e proprio è molto labile, soprattutto se uno ha sonno(quello vero).

E con questo è tutto. Non so se ho reso un buon servizio allo yoga. Spero comunque che se anche, cosa che credo, non sono riuscito a spiegare cosa sia lo yoga, di avervi fatto venire almeno la voglia o la curiosità di provare.

Arinamastè

giovedì 9 ottobre 2008

YOGA e sai cosa bevi


Nel seguire la nuova linea editoriale del blog di trattare di argomenti di stringente attualità: oggi mi occuperò di yoga. E che centra lo yoga con l’attualità? La domanda che vi state sicuramente ponendo è legittima ma un’attinenza, per quanto forse un po’ tirata per i capelli, vi posso assicurare c’è. Innanzitutto la pratica dello yoga in questi ultimi tempi, caratterizzati da un sempre crescente senso di ansietà verso la crisi economica e finanziaria, potrebbe aiutare ciascuno di noi a recuperare la serenità perduta e questa di per se è già un’esigenza attuale. Ce da dire poi che la settimana scorsa ho ripreso le mie lezioni di yoga: più attualità di così! Direte, a questo punto, che la mia concezione di attualità sia un po’ egocentrica. Forse. Ma d’altra parte, come detto, pratico lo yoga e questa disciplina come la maggior parte delle filosofie orientali, pone l’individuo al centro dell’universo… quindi….

Quando conoscendo nuove persone dico loro che faccio yoga la domanda che mi pongono è sempre la stessa: “com’è?”. La mia risposta pure è sempre la stessa: “prova”. Questo perché è intrinsecamente difficile descrivere cosa sia lo yoga visto che è una pratica che porta ad una consapevolezza del se, inteso come unione di corpo e mente, che difficilmente qualcun altro diverso da voi stessi può tentare di spiegarvi. Anche a voi quindi vi rivolgo l’invito a seguire, possibilmente liberi da qualsiasi forma di pregiudizio, le lezioni di prova, che tra l’altro sono generalmente anche gratuite, in qualche palestra dove si faccia yoga. Detto questo provo, a spiegare cosa è lo yoga.

Lo yoga è una disciplina nata in India più di tremila anni fa e nasce come un percorso costituito da esercizi psicofisici che portano chi lo pratica all’unione con il trascendente. Ora il trascendente per gli indiani, che lo yoga l’hanno inventato e che sono induisti, si identifica con Dio. Ma in senso più lato si può intendere il trascendente come energia cosmica o universo, nel senso più ampio del termine. In occidente, meno male dico io, la parte spirituale è passata in secondo piano e ci si è focalizzati in particolare sugli esercizi psicofisici. Questi ultimi hanno lo scopo di dominare il corpo e la mente da cui il nome “yoga” che in sanscrito vuol dire infatti giogo, soggiogare. Gli esercizi per antonomasia dello yoga sono le “asana” cioè delle posizioni, che spesso hanno nomi di animali (leone, gatto, cobra, ecc.) ma anche di oggetti (candela, aratro, tavolo, ecc) o legati all’uomo (eroe, cadavere, feto, ecc). Queste posizioni, che sono posture statiche di equilibrio, servono ad incanalare l’energia in diverse parti del corpo il tutto accompagnato da un controllo puntuale della respirazione. Il controllo del tipo e dei tempi della respirazione ha lo scopo, oltre ad accumulare l’energia nelle diverse parti del corpo focalizzate dall’asana stessa , di distogliere la mente da tutti quei pensieri che sempre la rendono inquieta e la divagano. L’assenza totale di pensieri che è poi il fine ultimo della meditazione, è uno degli scopi dello yoga e porta all’unione tra l’individuo e l’universo. Se un individuo è in equilibrio con l’universo è in pace con se stesso. E solo se una persona è in equilibrio con se stessa riesce ad essere in equilibrio con gli altri. Ed è questo ultimo aspetto che tanto appaga chi pratica lo yoga e gli dà equilibrio insieme a una maggiore consapevolezza del proprio corpo.

Tutto chiaro? No? Lo sapevo! D’altronde ve l’avevo detto di provare!

Comunque nel prossimo post cercherò di spiegarvi meglio l’essenza dello yoga magari con esempi o rispondendo a quelle domande che più frequentemente mi vengono rivolte a riguardo ( Si suda? Rilassa? Crescono i muscoli?)

Namastè (नमस्ते)

giovedì 2 ottobre 2008

PDF - Prodotti Derivati (Finanziari)


Visto che lo scopo che mi sono prefissato ultimamente è quello di aumentare il numero di visitatori di questo blog, passo i ritagli di tempo libero col pensare a cosa fare per riuscire nell’intento. Il compito non è facile ma ci provo. Sono giunto alla conclusione che per attirare l’attenzione di un numero sempre più maggiore di lettori è opportuno occuparsi di argomenti di stretta attualità che possano quindi attirare l’attenzione immediata di un più vasto pubblico: di gettarsi cioè sulla notizia. E che c’è di più attuale della crisi finanziaria planetaria? Premetto che io non sono un analista finanziario quindi quello che sto per dirvi potrebbe contenere delle inesattezze, ma spero mi perdonerete per questo.

In questo periodo tutti sono preoccupati delle possibili conseguenze della grave crisi finanziaria statunitense sui nostri risparmi e sui nostri investimenti. Devo dire che non avendo pressoché risparmi e non avendo soldi investiti.la cosa mi interessa relativamente poco. Ma avendo deciso di interessarmi di attualità, con spirito di servizio e abnegazione, mi sono documentato e qualcosa ho capito, magari è sbagliata ma tant’è. Ecco quello che ho capito.

Innanzitutto perché la crisi del sistema finanziario americano influisce sui risparmiatori italiani? La risposta si chiama anche ma non solo, prodotti finanziari strutturati. In questi giorni  se ne fa un gran parlare e non c’è giornalista o politico di turno che non se ne riempia la bocca. Il problema, e questo è tipico di gran parte del giornalismo nostrano, è che questi signori danno per scontato che tutti sappiano cosa siano i prodotti finanziari strutturati: nessuno che si prende la briga di spiegarlo. Io ci provo.

Allora gli strutturati dovrebbero corrispondere, almeno credo, con i prodotti finanziari derivati, così chiamati perché derivano il loro valore da prodotti sottostanti. Questi “sottostanti”possono essere bene reali (come soia, petrolio, caffè, ecc.) o avere natura finanziaria (valore di azioni, indice di borsa, valore di cambio di una specifica valuta, ecc.). Poi, a seconda che si compri il sottostante o solo il diritto a farlo, i derivati si dividono in “futures” e “options”. Siccome le options non le ho capite cercherò di spiegarvi i futures. In particolare i futures che hanno come sottostanti dei beni reali perché sono più facili da spiegare. I futures non sono nient’altro che un contratto a termine. Facciamo un esempio. Mettiamo che in Arkansas ci sia un produttore di mais che è angustiato dalla instabilità del prezzo del mais che dipende da variabili climatiche e ambientali. Dall’altra parte, sempre in Arkansas, c’è un allevatore di suini che ha necessità di comprare mais da utilizzare come mangime per i maiali ma non vuole sottostare alla variabilità del prezzo di quest’ultimo perché vuole pianificare per tempo le sue esposizioni finanziarie. Allora i due si accordano in anticipo sul costo del raccolto futuro di mais e sulla quantità della compravendita. Cioè, per esempio, il produttore si impegna a consegnare tra sei mesi all’allevatore una tonnellata di mais e l’allevatore a pagare alla consegna del mais diciamo mille dollari. E fino a qui è semplice. Poi perché il mondo del commercio è un mondo di pescecani il contratto stipulato viene depositato in Borsa. Questa, chiedendo le opportune garanzie finanziarie a venditore e compratore, garantirà che il contratto venga onorato da entrambe le parti. In questo modo allevatore e agricoltore si tutelano da future fluttuazioni dei prezzi. Sembrerebbe un meccanismo semplice e virtuoso. Ma perché lasciare che il contratto, benché congelato nel prezzo, riposi tranquillo fino a scadenza nelle giacenze della Borsa?  La Borsa può metterlo sul mercato, intero o spezzettato che sia. Chi crede che il prezzo del mais tra sei mesi supererà il valore pattuito dal nostro agricoltore e dal nostro allevatore dell’Arkansas, potrà impegnarsi a comprare a mille dollari la tonnellata di mais per poi rivenderla al prezzo più alto di mercato, diciamo mille e duecento dollari, guadagnandoci quindi sopra. Chi invece pensa che tra sei mesi il prezzo del mais sarà minore di quello pattuito nel contratto potrà impegnarsi a consegnare la tonnellata di mais, che comprerà sul mercato diciamo a ottocento dollari, all’allevatore che la pagherà comunque mille dollari come si era impegnato a fare, guadagnandoci quindi sopra. Ora appare chiaro che se il prezzo del mais aumenterà nei mesi successivi di duecento dollari rispetto ai mille stabiliti, chi ha comprato una tonnellata di mais a mille dollari ci guadagnerà duecento dollari e chi si è impegnato a fornirla a mille dollari ci perderà duecento dollari e viceversa nel caso di diminuzione del prezzo. La partita contabile si deve infatti chiudere in pareggio e per uno che guadagna c’è uno che perde. Non è nient’altro che una scommessa sul prezzo futuro di un bene. La stessa cosa si può estendere a qualsiasi cosa anche, per esempio, al valore ad un dato momento di una valuta monetaria. Questi sono i futures, in soldoni.Il problema è che il mercato finanziario non ha confini e quindi nel vostro fondo di investimento ci può essere qualche prodotto finanziario derivato che dipende magari proprio dal prezzo che avrà tra sei mesi il mais alla Borsa di Chicago o dal valore che avrà tra un anno il dollaro neozelandese. E se il mercato USA crolla i nostri futures crollano con lui. A parte questo poi il problema più grande è la mancanza di trasparenza. Innanzitutto quanto ci verrà pagato, anzi vi verrà perché io i futures non ce li ho, in funzione dell’esito dei derivati è in genere sempre quanto meno nebuloso. Infatti viene pagata una cedola che ad esempio può essere pari ad una certa percentuale del valore assoluto della media aritmetica delle variazioni percentuali fatte registrare dal fattore di indicizzazione del parametro di riferimento (il prezzo del mais del nostro esempio). Neanche Tremonti riuscirebbe ad essere più contorto! Secondo poi sarebbe bello sapere da cosa fisicamente il nostro (vostro) fondo di investimento dipende. A me piacerebbe sapere ad esempio sapere che le mie fortune dipendono dal valore del mais dell’Arkansas e dal valore del dollaro neozelandese. Potrei, per quanto nelle mie facoltà, adoperarmi per farne crescere i valori. Che andate a fare in vacanza in Australia, che è pieno di animali velenosissimi?! Andate piuttosto in Nuova Zelanda che lì non ce ne sono. Non vorrete mica andare in Tasmania?! Che lì a parte il diavolo non c’è niente altro. Andate in New Zeland e spendete lì i vostri soldi che così il suo dollaro sale. E poi ancora, che mangiate il prosciutto di Parma. Ma mangiate piuttosto l’ottimo Arkansas slow-smoked ham, il famoso prosciutto affumicato dell’Arkansas, fatto con i maiali dell’Arkansas che mangiano tanto mais dell’Arkansas…….


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Per il logo si ringrazia Lucaft qui ritratto in foto